lunedì 31 marzo 2014

Rast (5)

Dico: "Povera Uga! Anche quando sto qui riesco solo a darti un bacio la mattina quando vai a scuola e uno la sera quando vai a letto! Penserai che non ti voglio bene".

Lei: "Ma questo è il tuo lavoro!"



(...e no cazzo che non è il mio lavoro! Spiegare che il prato è verde e il cielo è celeste non è il mio lavoro. Lo è diventato. Ma oggi sciopero. Lasciate ragliare er Mortazza...)






I cialtroni del dividendo, ovvero i tassi italiani negli anni '90

Il 9 settembre del 2002 ero a Lisbona per partecipare alla conferenza dell'International Economic Association. Era la prima conferenza "importante" della mia carriera, i keynote speakers erano er simpatico Mortazza (ancora ricordo quanto bestemmiai quando la sua scorta per poco non mi mise sotto dalle parti dell'Estrella), e Bob Solow, tanto per dire. Persone che, nel bene e nel male, hanno fatto la storia dell'economia. Era la prima volta che sentivo il respiro dell'Oceano, che mi trovavo a Lisbona, della quale avevo sentito parlare da un amico sventurato:

"Cette ville est au bord de l'eau; on dit qu'elle est bâtie en marbre, et que le peuple y a une telle haine du végétal, qu'il arrache tous les arbres. Voilà un paysage selon ton goût; un paysage fait avec la lumière et le minéral, et le liquide pour les réfléchir!"


(l'autore non ha bisogno di presentazioni, ma chi lo googlerà sappia che nessuno lo saprà mai...).

C'erano economisti da tutto il mondo, e io, con il mio inglese appreso sul campo, ero un po' spaesato. Traversando la reception del centro congressi di Belem, sento una voce "Buongiorno, Bagnai". E naturalmente, il pensiero corse a quell'anima tutta in sé romita, che per l'occasione, e per necessità, ero io:

"O Mantovano, io son Sordello
della tua terra!" e l'un l'altro abbracciava.

Non era Virgilio, era Alberto Quadrio Curzio, allora (credo) presidente della Società Italiana degli Economisti. Mi sorprese che salutasse me che non ero e non sono nessuno (vermis sum), ma forse poteva esser dovuto al fatto che poco tempo prima aveva pubblicato in una sua rivista questo mio articolo, o semplicemente al fatto che, da italiano, trovava cortese accogliere un altro italiano.

Conservo di quell'unico incontro un caro ricordo, il che non vale per altri incontri con altri colleghi.

Detto questo, ricevo questo commento:


Luca Boscolo ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "Fig. 1, ovvero la ripresa":

Prof Quadrio Curzio a ballaro di un paio di settimane ha tirato fuori un luogocomunisno che non c'e' nel suo libro. Se vuole aggiornare e cioe' che la mancata crescita e' colpa nostra perche' non sappiamo spendere i fondi strutturali europei di 14 miliardi. Ma questa e' prevedibile una volta entrati nella logica dei lecca piedi del regime. Quello che mi ha buttato fuori di testa e sono ormai 2 settimane che non riesco piu' a riprendermi e' quando ha detto che i tassi d'interesse nei 2 anni prima dell'euro erano a 14%. Circa ora dovrei andarmi a rivedere la puntata. Ma la sostanza era che con l'euro abbiamo risparmiato una fortuna in tassi di interesse. Lei che e' il re dei grafici ne avrebbe uno sotto mano da smerdarlo un pochino? Grazie.

Postato da Luca Boscolo in Goofynomics alle 31 marzo 2014 07:25



Io sostengo che il prof. Quadrio Curzio non può aver detto questa cosa, perché i dati sono questi:


Ma soprattutto, l'abbia detta o meno, vi pregherei di rispettare due principi metodologici

Primo, decido io chi e quando e come smerdare. Il prof. Quadrio Curzio sicuramente non ha detto quello che gli attribuite, se lo ha fatto può essere che ciò sia dovuto a una lieve mancanza di memoria, scusabile con fattori demografici, e resta una cara persona della quale ho un caro ricordo e che non vorrei smerdare.

Secondo, quando (e spero questo non sia il caso) mi parlate di cialtroni, non siate voi cialtroni per primi, e datemi fonte precisa con link preciso dove io possa verificare esattamente che le affermazioni da voi riportate sono come le riportate. Altrimenti va a finire come con il famoso 60% di Nat.

Ci siamo capiti, no?

Per tutto il resto, c'è un articolo di Bagnai e uno storify di Borghi.






(...sed de hoc satis. Fra 20 minuti arriva Christian, che mi insegna quello che io insegnai a lui illo tempore e che ho dimenticato per stare appresso a voi. Il giovane è motivato. Ovunque vada trova gente che ci conosce, il che gli dà la sensazione piacevole di partecipare a un progetto importante. Nome in codice: verità....)

domenica 30 marzo 2014

Fig. 1, ovvero la ripresa

Rapidamente, dal lavoruccio che sto scrivendo. Ci dicono che la ripresa sia dietro l'angolo. Se guardiamo le ultime previsioni del Fondo Monetario Internazionale riferite all'Eurozona ci rendiamo conto che l'Eurozona tornerà al livello di Pil in termini reali del 2008 solo nel 2015 (mentre gli Stati Uniti ci son tornati nel 2010, e il Giappone nel 2012). Ma se per invece per recupero intendiamo il ritorno sulla crescita tendenziale pre-crisi, allora occorreranno parecchi decenni.


In questo grafico vedete il reddito pro capite dell'Eurozona in dollari correnti a PPA (valori storici e valori previsti dal Fmi; attenzione perché non è il Pil in termini reali, quindi l'andamento non è direttamente rapportabile a quanto vi dicevo sopra), e vedete anche l'estrapolazione della tendenza storica calcolata coi dati dal 1993 al 2008. L'andamento nel campione 1993-2008 è abbastanza regolare (R2 pari a 0.989, per chi desidera i dettagli). Poi il double dip ci allontana in due mosse dalla tendenza sperimentata fino al 2008, e dieci anni dopo, nel 2018, secondo il Fmi, saremo ancora ben al disotto del valore di reddito che avremmo avuto continuando a crescere al tasso non sfolgorante al quale crescevamo prima della crisi (n.b.: stiamo sempre parlando di media dell'Eurozona).

Ci sarebbe molto da dire, sia metodologicamente, che politicamente. Purtroppo non ho tempo.


(...chi sa, sa anche che questo grafico ha qualcosa a che vedere con questo post...)

[Economist mode on: l'abstract]

L'abstract è questo:


Abstract: La crisi dell’Eurozona è ormai certificata dalla sua performance estremamente deludente in seguito allo shock esterno provocato dalla crisi dei subprime, e la richiesta di un ridisegno delle regole è unanime, e in parte già accolta dalle stesse istituzioni europee. La diagnosi sulle cause della crisi è largamente condivisa dalla letteratura scientifica e dalle istituzioni multilaterali, e vede la causa della crisi nell’eccesso di indebitamento privato estero intra-Eurozona. In questo articolo sosteniamo che se questa diagnosi è corretta, allora il ridisegno delle regole europee deve partire da un cambio radicale di prospettiva, che parta dalla tutela della domanda interna nel Mercato Unico, anziché dalla rincorsa della domanda estera fra mercati nazionali, e riconosca il ruolo ineludibile della flessibilità del cambio come strumento di enforcement degli accordi economici intrapresi, e come strumento di signaling essenziale ai mercati per assicurare una corretta allocazione delle risorse finanziarie.



Vi piace?

Bene.

Allora vi prego di farmi scrivere il paper senza scassarmi la minchia a rullo con le solite querimonie su "perché non pubblichi i commenti di IO". Per farlo dovrei veracemente essere doppio, come diceva un ipocrita di passaggio, ma in quel caso, amici miei, il mio Doppelgänger se ne starebbe lieto e pensoso sul limitare di una spiaggia delle Seychelles, non certo qui a riprendere amorevolmente la vostra incomprensibile propensione a razzolare nel letame.




(...visto come si scrive la musica? E cche cce vo'? So' ddu note... Beati voi, beati voi, beati voi... Che ne sapete di quanta Schmerzensgewalt, di quanto Grausen, e anche di quanti esercizzietti - tanti, tanti esercizzietti, debba pascersi un uomo per arrivare a dire così tanto con così poco. Il mio dolore siete voi, io vi ho scelto, e io vi tengo. Siete voi che mi date la forza di scegliere le parole, siete voi che forzate i fatti dai quali il mio censo mi tiene schermato e la mia natura si disinteressa a violare il circolo doloroso della mia appercezione. Razzolate, fratres. Ma oggi, solo oggi, non aggiungete il peso del vostro io alla mia soma. Devo fare lo scienziato, e spiegare ai miei colleghi che il cielo è azzurro e il prato verde. È un lavoro sporco, e soprattutto una missione impossibile: motivo per il quale l'ho scelta).

sabato 29 marzo 2014

Milano ladrona, Berlino non perdona!

Siccome secondo me la conversione di Matteo Salvini è sincera (almeno, a quanto ne ho potuto apprendere de relato e capire parlandoci), e soprattutto siccome non me ne fotte niente della sincerità delle persone, mentre mi interessa che dicano la cosa giusta (e lui è l'unico - leggesi: unico - finora che la sta dicendo, e non sapete quanto ciò mi indisponga politicamente, anche se umanamente non ho nulla né contro di lui né contro i suoi simpatici seguaci), mi fa piacere dargli una mano. Le scadenze elettorali si avvicinano, e le forze non vanno disperse: bisogna parlare a chi ha saputo ascoltare e prendere decisioni tempestive, ricordando sempre che le europee non sono le politiche.

Per spiegare questo semplice concetto, mi limiterò a farvi un semplice esempio. Voi vorreste un Farage nel Parlamento italiano? Io no. Ma voi vorreste che Farage non fosse al Parlamento Europeo? Io no.

Capita la differenza fra europee e politiche?

Bene, andiamo avanti...

Va da sé che per un partito "autonomista", "indipendentista", intraprendere la scelta della lotta all'euro espone a una serie di critiche, fra le quali quella, abbastanza futile, della reductio ad condominium, della quale abbiamo già parlato: "E allora perché non facciamo la moneta dei Parioli? E allora perché non facciamo il ducato di Milano e il tallero di Bergamo?". Un argomento sciocco, come ho già ampiamente dimostrato in tempi non sospetti (come si suol dire), ovvero quando in Italia non c'erano due partiti (la Lega e il PUDE): c'era solo il PUDE.

All'interno del Manifesto di Solidarietà Europea condividiamo quest tipo di dibattito con Antoni Soy, economista catalano, di animo progressista, e favorevole all'indipendenza della Catalogna (lo incontrerò finalmente a Roma il 12 aprile). Le discussioni con lui sono molto interessanti, ma per ora i verbali sono secretati! Vale però la pena di ricordare che il desiderio di essere arbitri del proprio destino non è né di destra né di sinistra, soprattutto in un periodo nel quale, nell'allucinata visione di una certa intelligentsia, le istituzioni politiche nazionali devono delegare il proprio compito di organismi di risoluzione democratica dei conflitti a organismi sovranazionali opachi e, se non del tutto, almeno parzialmente remoti da un reale processo democratico.

Ma questo è un altro discorso, e lo faremo un altro giorno.

Oggi vorrei profittare di una delle tante fortune che la vita mi ha profuso plenis manibus: quella di insegnare in Normandia. Voi direte: "E che c'entra con Salvini?". E invece c'entra, per un motivo molto semplice: perché la Normandia non è, come credono i miei colleghi, nella Francia settentrionale. Lo ho capito constatando che i miei colleghi normanni arrivano perennemente in ritardo. La mia battuta standard in questi casi è: "J'avais tout de suite compris que vous étiez des Norvégiens du Sud!".

Forse ora il nesso lo capite meglio. A ognuno di noi, ma forse a Matteo più di altri, può essere utile ricordare che sul nostro geoide ogni Nord è il Sud di un altro Nord, fino a quando i vari Nord non collassano in un punto nel quale non riesce a vivere nessuno che possa vantarsi di essere il Nord di qualche Sud: il polo Nord, appunto, che è più a Nord di qualsiasi Sud, ma al quale la settentrionalità non serve a nulla se non a schiantare di freddo.

E allora, guardatevi questo bel grafichètto (pronuncia lumbard):


Sono le esportazioni nette della Lombardia in rapporto al Pil regionale (esportazioni meno importazioni: insomma, il saldo commerciale).

Devo spiegarvi quello che si vede? Be', si vede che finché all'interno dello Sme venivano consentiti riallineamenti (sei al rialzo per il marco, quattro al ribasso per la lira nei primi anni '80), l'economia lombarda ha visto crescere il proprio saldo col resto del mondo di quattro punti di Pil. Quando lo Sme è diventato "credibile", cioè quando abbiamo fatto quella "prova tecnica di euro" della quale io e Claudio vi abbiamo parlato tante volte (dal 1987 al 1992) la situazione si è stabilizzata. Quando ci siamo sganciati dallo Sme, nel 1992, le esportazioni nette sono balzate su di altri quattro punti, arrivando al 18% del Pil regionale. Poi abbiamo rivalutato drasticamente nel 1996 e inizia una prima derapata. Nel 2000 eravamo tornati al livello della fine degli anni '80. La Lombardia, però, nei primissimi anni dell'euro, sembrava in fase di recupero. Poi la Germania ha fatto le riforme Hartz, cioè una svalutazione salariale che l'ha portata a violare dal 2002 al 2004 il parametro riferito alla svalutazione competitiva nella Procedura per gli squilibri macroeconomici (dettaglio: la procedura ovviamente è stata predisposta nel 2011, cioè dopo che la Germania aveva fatto il porco comodo suo, ma sul sito trovate i dati riferiti anche al periodo precedente).

A quel punto per la Lombardia non c'è stato scampo, e le esportazioni nette sono tornate rapidamente al livello dell'inizio degli anni '80.

Qual è la morale di questa favola?

Be', intanto direi che l'idea che la Lombardia sarebbe potuta entrare nel "club dei grandi" separandosi dall'Italia mi pare lievemente smentita da questo grafico. Gli snodi di questa vicenda, i punti di svolta negativa del saldo delle esportazioni nette lombarde, mi pare siano comuni a quelli di tutta l'Italia. Difficile argomentare che nel 1997 sia aumentata la corruzione, o la burocrazia, o la spesa pubblica improduttiva, o i terroni, o gli immigrati. Che poi alcuni dei fenomeni o personaggi citati possano essere problematici in vari modi e vadano gestiti secondo scienza e coscienza e ricordandoci che un giorno saremo tutti al cospetto dell'Altissimo, questo, amici cari, io sono anche disposto ad ammetterlo. La mobilità dei fattori piace molto agli economisti teorici, a me molto di meno, soprattutto quando somiglia, come oggi, a una deportazione.

Ma il punto non è questo. Il punto è che questi dati dimostrano che la Lombardia entra nel 1996 in una crisi di competitività (come il resto dell'Italia), crisi evidentemente dovuta a una cosa che accadde nel 1996 alla Lombardia, come al resto dell'Italia: la sopravvalutazione brusca con successiva fissazione del cambio. La decisione cioè di alzare del 15% il "listino prezzi" dell'Italia (come direbbe Claudio), per dimostrare ai tedeschi che noi eravamo bravi, o forse per pagare in valuta "forte" i profitti a chi dall'estero si era comprato le nostre aziende profittando di una lira "debole", o chissà perché.

Lo Stato inefficiente non piace nemmeno a me: preferirei anch'io perdere meno tempo, e ho più cose da fare di molti di voi. Pagare le tasse non piace nemmeno a me: piacerebbe anche a me pagarne di meno, e a differenza di molti di voi non posso sfuggire. I "terroni" non piacevano nemmeno a me (sono fiorentino, quindi razzista), poi li ho conosciuti e mi son piaciuti molto: dovreste provare. Gli immigrati infastidivano anche me: poi son stato a casa loro e mi son fatto un'altra idea, quando ho visto che avendo meno di me mi accoglievano come io non li accoglievo.

Ma quello che penso io non conta nulla, e soprattutto non ha nulla a che vedere col fenomeno che il grafico illustra. Che il dualismo economico dell'Italia sia un problema da gestire è un dato di fatto: inutile dirlo. Ma che l'andamento delle esportazioni nette della Lombardia sia stato decrescente per colpa di Roma ladrona, sarebbe meglio evitare di dirlo: semplicemente non è così.

Cari lumbard, a me stavate sui coglioni anche voi, ve lo dico sinceramente! Da buon fiorentino, mi stanno sui coglioni tutti, me compreso. Poi vi ho conosciuto, e ho capito che anche voi siete creaturine di Dio. E allora, per esservi utile, mi sento di dirvi questa limpida verità: con voi Berlino è stata molto più ladrona di Roma.

E se lo capireste staressimo meglio tutti...

Arte astratta


Vediamo se indovinate cos'è? E giacché mi trovo, così, di passaggio, vediamo se sapete cos'è questo:


Non siamo piazzati bene in questa classifica, vero? O forse sì...

[Econometrician mode on]

(...tanto a vvoi che cazzo ve frega? È sabato, annateve a ddiverti'...)

I cialtroni dei semilavorati, ovvero "adesso è diverso"...

Scusate, al volo, visto che sono in anda coi dati, vi fornisco un dato, ma prima vi riporto un interessante dialoghetto fra la mia diletta Nat e il mio diletto Prove tecniche:




Nat27 marzo 2014 13:41

Post cristallino e anche molto divertente (non solo ho capito, ho anche riso molto). E ora, prof, smetta di leggere, da qui in avanti parlo solo a chi fra gli altri ha più tempo libero. Premesso che da quando - senza competenze di economia - parlo a tutti di queste cose sono diventata (absit iniuria verbis, ma è così) praticamente lo zimbello di tutti e questi tutti un giorno sì e l'altro pure mi schiaffano sulla scrivania e sulla bacheca di Fb qualsiasi schifezza pro euro si trovino per le mani, l'altro giorno un mio collega mi ha appunto portato a riprova del mio errare un numero della rivista Valori (vedetevi www.valori.it se vi va, è un indirizzo semplice e non merita lo sbatti di inserire il link attivo) con svariati articoli contro l'uscita dall'euro. Mi sono sembrati abbastanza sciatti e confusi (e chi legge questo blog capisce perché), di molti argomenti sono riuscita a valutare l'inconsistenza da sola, ma in particolare in uno un tizio di cui non mi ricordo il nome ma "economista della Luiss" diceva che la svalutazione post uscita dall'euro in realtà non apporterebbe affatto i vantaggi sperati sulla nostra economia, come nei famosi anni '80, perché noi adesso importiamo non solo materie prime, ma anche (il dato era del 60%) semilavorati, e la svalutazione, comportando un aumento del prezzo di questi semilavorati, andrebbe ad annullare gli effetti benefici sulle esportazioni. Ora, a me questa roba è sembrata come minimo poco argomentata e anzi mi viene da dire "Embè? Che cambia? Materie prime o semilavorati che differenza fa?". Però, seeeeeeeeenza chiedere al prof di occuparsi di una rivista non scientifica, se ci fosse qualcuno dei tanti e preparatissimi frequentatori di questo blog che dicesse la sua mi farebbe piacere.
 
Prove tecniche27 marzo 2014 15:20

Premessa: i semilavorati di qualcuno sono sempre "materie prime" di un altro. L'aumento delle importazioni dei semilavorati, nella cui produzione eravamo campioni, è dovuto proprio all'euro che ha reso conveniente comprarle all'estero (facendo prosperare gli altri e facendo chiudere le nostre fabbriche). Se si svalutasse, si stimolerebbe 1)l'acquisto di materie prime "più grezze" quindi a minor costo 2) le nostre aziende potrebbero spuntare un mark up (cioè un guadagno) più alto incorporando il valore dei semilavorati prodotti in casa 3) il vantaggio di una produzione integrale in un sistema di rete stile nord-est anni ‘90 aumenterebbe il lavoro per le nostre aziende e la diffusione del know-how produttivo 4) banalmente a seguito dei punti precedenti aumenterebbe l'occupazione


Nat27 marzo 2014 15:41

Grazie Prove tecniche, sei stato/a molto chiaro/a e gentile.


Su chiarezza, gentilezza, e coerenza teorica dell'argomento, nulla quaestio. La domanda resta una, la solita, lancinante, ineludibile, assillante domanda.
































































































Ma de che cazzo stanno a parla'?

































































Vedete, ogni tanto mi fate trasecolare.

E io trasecolo.


Può anche darsi che io erri, per carità, potrei star fallando, per dirla come il buon Renzo Tramaglino, ma se prendo il database CHELEM e faccio il rapporto fra importazioni di "produits intermédiaires" (semilavorati) e importazioni totali dal 1967 al 2007 mi vien fuori questo grafico:



E se, per esser di manica larga, ci aggiungo anche i "prodotti manufatturieri di base" e faccio il rapporto al totale delle importazioni, mi viene fuori questo grafico:




Il che, stanti le ovvie difficoltà di rilevazione e terminologiche, fornisce un dato assolutamente in linea con gli ultimi dati ISTAT riportati qui, che vi riassumo in questa tabella:



Quindi, non solo non siamo nemmeno lontanamente vicini a quel devastante 60% (siamo a circa la metà), ma anche la solita solfa dell'"adesso è diverso e quindi non si può più (perché c'è la Cina, perché ci sono le global supply chain, perché ci sono i semilavorati)" si rivela per l'ennesima riedizione della solita solenne stronzata. I dati non manifestano alcuna tendenza crescente nel lungo periodo e anzi dall'entrata nell'euro la tendenza è eventualmente in lieve calo (quindi le cose stanno al contrario di come ve le dice il tipo). Se poi considerate che all'amico lo stipendio lo paga Squinzi (che, da buon delocalizzatore, ha tutto l'interesse a restare nell'euro), la prima domanda che uno si dovrebbe porre è perché diavolo mai voi siate stati a sentirlo...

Vedete, io non so più come dirvelo. Non è che mi dobbiate credere sulla parola, che a me dispiacciano critiche, che io sia geloso dei vostri autonomi conati di approfondimento, che io trovi riprovevole la vostra curiosità intellettuale, non sia mai. Però il tempo è poco, e vorrei che lo utilizzaste bene.

Io sono un docente universitario di ruolo con pubblicazioni scientifiche internazionali. Dove non arriva Lombroso, vi sia questo di sufficiente garanzia, porco di un demonio ladro cane! Il non meglio precisato economista della LUISS che spara cifre a casaccio sul Journal of Applied Laqualunquology me lo appendo al cambio, e così dovreste far voi. Non vorrei sembrare pesante, ma chi difende l'euro oggi è non solo scientificamente, ma anche e soprattutto eticamente, intellettualmente, antropologicamente sottosviluppato. Visto che ci hanno abboffato la uallera con questa storia che noi siamo Untermenschen, diciamocelo pure: gli Untermenschen in tutta evidenza sono loro, non fosse altro perché mentono. Che poi noi con gli Untermenschen si possa essere indulgenti è un altro conto, ma un dato è un dato e se è falso è falso e chi lo ha detto sa lui perché lo ha detto.

Più in generale: a cosa minchia vi serve andare a razzolare in qualsiasi aia? Quale voluttà vi spinge, o miei simpatici galletti, a razzolare nel letamaio della menzogna, che da galletti vi trasforma immediatamente in polli? A cosa vi è servito leggere libri senza figure se non riconoscete un Thénardier quando lo leggete, e, di converso, se non riconoscete un professionista quando lo leggete?

Cazzo santo, lo capite sì o no che questo non è questo?

























E la risposta è un desolante no.



























Tu quoque...























(...e quando torni dalla tua cazzo di baita, per penitenza ascolta settantasette volte sette l'Halleluja suonato dalla buzzicona, oh donna di poca fede! Io non mi credo Gesù Cristo, e, visibilmente, non ci provo neanche...)


(...che anno difficile...)


E visto che oggi c'è la Cina, vi fornisco il grafico comparabile per la Cina. Nemmeno in Cina, nella fabbrica cacciavite del mondo (che poi tale non è, ma ne parliamo un'altra volta) le importazioni di semilavorati arrivano al 60%. Ci arrivavano, guarda caso, quando c'era Mao, l'amico della Rossanda che è amica dell'euro:


Quando la gente non sa di cosa parla, normalmente non sa neanche perché parla.

[Econometrician mode off]

(...e mo' so' cazzi...)

[Econometrician mode on]

(...con Christian mettendo in fila i fottuti dati del modello. È uno sporco lavoro, ma qualcuno deve pur farlo. Poi una serie di report regionali fino a notte per le simpatiche Confindustrie locali. Quelli ve li faccio vedere. Ho già in mente il titolo del prossimo post, che dedicherò a Matteo Salvini... Voi fate come se io ci fossi, dopo rispondo a tutti, anche a Nat - che penserà che sono acrimonioso per via del due di picche, ma non è così! Ci risentiamo verso mezzanotte...)

venerdì 28 marzo 2014

Rast (4)

"Prodotto italiano", commenta il mastino Nero... E Rockapasso annuisce!

Domani post tecnico, prometto (anche se dopo sei ore a lavorare sul modello con Christian la tecnica mi farà venire le bolle...)







E Federico me fa: "Ma Cuperlo l'hai più sentito?"

Io: "Gli ho scritto, e non mi ha risposto".

Lui: "Ma ha fatto un bel discorso, quel giorno!"

Io: "Sì, ma era un discorso, perché non mi ha risposto".

Lui: "Secondo me hanno capito che hanno fatto 'na cazzata e se ne sono fatta 'na raggione. Hanno scommesso troppo, perché hanno pensato che una piccola quantità di danni collaterali sarebbe bastata per andare verso il sol dell'avvenire europeo, e adesso si vergognano talmente tanto che non hanno il coraggio di chiedere scusa".

Rockapasso: "Ed è per questo che non potremo perdonarli...".


Gianni? Gianniiiii? Apprezzo il tuo garbo mitteleuropeo, e apprezzo le persone con un alto concetto di sé (sarei autolesionista). Ma attento: se mi incontri ai Limoncini, cambia strada, ché per Rockapasso sei fuori tempo massimo. E a casa mia i pantaloni li porta lei... 'Na bottijata 'a rimedi.

Ma io invece ti sono grato. Mi hai spiegato il senso di una scritta che ho visto su una lapide, alle Grazie, a Montepulciano, dove andavo da don Mario, a suonare l'organo a canne di cipresso inaugurato da Leonhardt. Sai cosa c'era scritto su quella lapide?

NEC METU NEC SPE.

In voi è inutile sperare. Ma io non ho timore. Voi siete il male, e io sono la cura. Sorry about that...




(...e Federico, nei fumi dell'alcol, rievoca nostalgico la fase 1 del ciclo di Frenkel, quando girava in Mercedes, e io avevo i capelli. Solo che a me i capelli nun me mancheno, non nel senso che li abbia, ma nel senso che non avendoli non vorrei averne...)







Journal of International Applied Sincerity, 1(1), 1-2.

(dovrei scrivere un articolo scientifico, ma preferisco spiegarvi qual è la trafila. Funziona così: tu hai un'idea, verifichi - se credi - che sia compatibile coi dati o coi pregiudizi ideologici di chi ti dovrebbe pubblicare, scrivi l'articolo e lo mandi. L'editor dell'articolo, a sua volta, dà un'occhiata e se l'articolo parla più o meno di cose che rientrano nell'ambito della rivista, e non è scritto con i piedi (a me sono arrivati articoli tradotti con Google translator, per dire) lo invia a uno o due referees anonimi. Alcune riviste usano il doppio cieco: tu non sai chi ti giudica e chi ti giudica non sa chi sta giudicando. Altre riviste usano il "single blind": tu non sai chi ti giudica, ma chi ti giudica sa chi sei. Il doppio cieco è comunque un'ipocrisia perché se vuoi, con Google capisci subito chi ha scritto cosa - lo trovi come lavoro presentato a conferenza, come working paper, ecc. I referee si leggono l'articolo, poi dicono all'editor chennepenZano, e gli esiti sono tre: accept, revise and resubmit, reject. L'editor deve fare come dicono loro, e solo in rari casi può opporsi - nel senso di dare una chance in più a un articolo rifiutato - ma normalmente non lo fa perché la vita è troppo breve. Se hai un accept, firmi una cessione del copyright e dopo un po' l'articolo esce. Se hai un revise and resubmit ti immergi nel delirio dei referee e gli vieni incontro - vale abbastanza la regola che migliore è la rivista, migliore il referee, nel senso che ti rompe di più il cazzo, ma almeno dice cose sensate, mentre il referee scarso ti fa spesso domande delle quali non conosce la risposta. Se hai un reject te la pigli inder e proponi il lavoro a un'altra rivista. Non è detto che sia meglio sceglierne una di livello più basso: a me è capitato di essere rifiutato da riviste con impact basso e accettato da riviste con impact alto. È il concetto di lotteria dei rigori.

Come sapete, ho fondato da poco il Journal of International Applied Sincerity, impact factor enorme, h-index spropositato, e per farvi un esempio - visto che la miglior pedagogia è quella dell'esempio e dell'esperienza - vi racconto la storia del primo articolo pubblicato, nelle sue scansioni: submission, referees' report, editor's letter, resubmission, acceptance letter. Enjoy irresponsibly. Una risata li seppellirà, a questi traditori...)

Submission
Dear editor,

enclosed please find my paper "Er Nutella e la Libia", that I would like you to consider for publication on JIAS.

Yours,

Marco Basilisco

Enclosed paper:

Er Nutella e la Libia

Che squallido individuo! Uscire dall'euro equivale al ritorno al colonialismo! Parla dell'Ucraina ma non ha capito un emerito cazzo. È l'euro che si nutre di colonialismo!

Finalmente ho capito perché la sinistra non è mai andata al governo in Italia: i suoi dirigenti sono dei perfetti imbecilli.


Referees' report

Referee 1

The paper is nicely written and points out a real problem in the current development of Italian politics. The author should stress the implications of Nutella's behaviour for his political party.

Referee 2

Alberto, che ti devo dire? L'articolo non è molto originale, ma visto che la rivista è nuova, forse ti conviene pubblicarlo. Sicuramente stimolerà una riflessione.


Editor's letter

Marco, così però non te lo posso pubblica'...



Resubmission

Subject: Come tu mi vuoi.


La chiusura di questo articolo di Ferrero ("La grande proletaria si è mossa ...") suggerisce il solito ritornello: ritorno alle valute nazionali=nazionalismo=colonialismo (addirittura).

Non posso nascondere il più profondo sconcerto per la visione del mondo di Ferrero. Da un lato egli è giustamente preoccupato per l'aggressività statunitense su tutti i teatri internazionali. Dall'altro Ferrero non sembra rendersi conto del ruolo svolto dalle attuali istituzioni europee proprio nella vicenda Ucraina. Basta mettere in fila la successione degli eventi per apprezzare in pieno come il vero progetto ultranazionalista e neocolonialista sia quello guidato dalle attuali élite europee.

DDR, Grecia, Ucraina rappresentano, in modi diversi, processi di attacco e annessione che vengono magistralmente intrapresi con l'uso esplicito o implicito degli strumenti finanziari dell'Unione. E la valuta unica è chiaramente uno degli strumenti più efficaci e affilati.

Cosa deve accadere in Europa affinché i dirigenti della sinistra si sveglino? Ci salverà veramente Marine Le Pen? 

Sono senza parole.

Ma ribadisco una cosa: bisogna guardare la sequenza degli eventi nuda e cruda della vicenda ucraina. Questo basta a capire quanto spregiudicata e priva di freni inibitori sia l'azione di chi governa oggi l'Unione Europea. 

Leviamogli il grimaldello dell'euro.

Acceptance letter

Dear Dr. Basilisco,

I am glad to inform you that the revised version of your paper "Er Nutella e la Libia" has been accepted for publication in the "Journal of International Applied Sincerity". I would kindly ask you to fill and send to this email address the enclosed copyright transfer form as soon as possible, otherwise I will send to er Nutella the address of your home.

Yours,

Alberto Bagnai
Editor JIAS



(...Marco! A Marcoooooo!? Poi ero io quello che diceva le parolacce, e tu che mi facevi la lezzioncina, te lo ricordi, brutta testa di cazzo? Son bastati due anni a farti saltare i freni inibitori! Ecco, vedi, non si dice "non ha capito un emerito cazzo". Si dice "non posso nascondere il più profondo sconcerto per la sua visione del mondo". Un'altra voce da aggiungere al nostro dizionario...)


Post scriptum:

Se Dio ti lasci, lettor, prender frutto
di tua lezione, or pensa per te stesso
com' io potea tener lo viso asciutto,
quando la nostra imagine di presso
vidi sì torta, che 'l pianto de li occhi
le natiche bagnava per lo fesso.
Certo io piangea, poggiato a un de' rocchi
del duro scoglio, sì che la mia scorta
mi disse: "Ancor se' tu de li altri sciocchi?
Qui vive la pietà quand' è ben morta;
chi è più scellerato che colui
che al giudicio divin passion comporta?"
 

giovedì 27 marzo 2014

Rast (3)

...dopo un cenacolo FULM da paura (cercatevelo fra qualche giorno sul loro sito), una cenetta romantica con quella santa donna...

(dajenomics rulez...)

(ar cameriere fisolofo je faccio: "Te piace la cover de sto telefeno?" E lui: "Na cifra...")

I cialtroni della svalutazione, o la stabilità dell'euro

Mentre su Twitter imperversa il dibattito fra espertoni a colpi di LTRO, CDO, OMT, e altre sigle molto esoteriche, che assolvono alla duplice funzione di mettere vino vecchio in bottiglie nuove (come ci ricorda sempre Guerani) e di aumentare l'autostima di chi le snocciola (come sottolineava con garbata ma feroce ironia Keynes), io, qui, umile servo nella vigna del Signore, vorrei richiamare la vostra attenzione su una delle idiozie più evidenti nel discorso a difesa dell'euro. È un'idiozia talmente evidente che, pur avendovene sempre parlato, non vi ho mai prodotto i dati per smontarla, poiché davo per scontato che essi vi fossero noti, non essendo particolarmente segreti. Vedo invece che perfino molti miei "colleghi" insistono nell'argomentare che l'euro ci avrebbe dato stabilità, e che questo sarebbe il suo principale vantaggio, e che se abbandonassimo l'euro saremmo travolti dall'inflazione, e inoltre non avremmo benefici in termini reali.

A me non risulta, e purtroppo non risulta nemmeno al FMI.

Cerchiamo allora di far vedere alcuni banali (ripeto: banali) fatti stilizzati sull'evoluzione del tasso di cambio italiano negli ultimi venti anni. Quando dico "banali" intendo proprio "banali", cose delle quali non varrebbe la pena nemmeno di parlare, se non per rimarcare che se un mio collega nega i fatti che vi mostrerò o è un porco collaborazionista (cosa da segnare su un taccuino), o è un cialtrone integrale (più adatto a studiare in una classe differenziale che a insegnare in un'aula universitaria).

Ma io son sicuro che nessuno dei miei colleghi negherà l'evidenza dei fatti, no? Mica sarò collega di cialtroni e/o collaborazionisti!? Comunque, non lo riterrei un argomento per cambiare mestiere.

Bene, cominciamo dalla stabilità.

Come vi ho detto più volte, nei primi due anni di vita (1999-2000) l'eurone si è svalutato contro il dollaro più o meno quanto la liretta fece nel dall'agosto 1992 in poi. Il grafico è qui:



e riporta il tasso di cambio fra valuta nazionale italiana (lira nel 1992, euro nel 1999) e dollaro, fatto 100 il primo mese del periodo considerato (agosto 1992 per la serie USD92, gennaio 1999 per USD99). I dati vengono da questo utile sito.

(parentesi, non rilevante: ho usato il volume quotation system, ovvero la quotazione certo per incerto, per far contenta un'altra categoria di colleghi, gli imbecilli. In questo sistema di quotazione una svalutazione si traduce in una diminuzione del cambio, perché si usa il sistema del tutto irrazionale di esprimere il cambio non come prezzo in valuta italiana della valuta estera, ma come prezzo in valuta estera di quella italiana. Dico che questo sistema è irrazionale (e infatti usato solo da UK e Eurozona) perché per un paese come l'Italia, che non gode di potere di signoraggio sul mercato della liquidità internazionale (forse non ve ne siete accorti ma non siamo gli Stati Uniti), la valuta estera è una risorsa scarsa, e quello che è più naturale considerare è quanto questa risorsa ci costi in termini della nostra valuta. Ma non entriamo in questa storia: a ogni giorno basta la sua pena e la sua categoria di colleghi, degli imbecilli ci occuperemo, se ne varrà la pena, un'altra volta: oggi siamo alle prese con cialtroni e collaborazionisti...)

La stabilità dell'euro la vedete! Nei suoi primi due anni di vita esso si svalutò di circa il 25% contro il dollaro, mentre la liretta aveva perso, due anni dopo lo sganciamento dallo Sme, circa il 30%. Non mi sembra una differenza particolarmente rilevante. Va da sé che il profilo temporale delle due svalutazioni è molto diverso: quella del 1992 fu più brusca (la linea blu scende prima), quella del 1999 più graduale (la linea rossa scende progressivamente), ma l'entità nel medio periodo fu praticamente identica. Tra l'altro, visto che vi piacciono gli aneddoti, vi posso dire che in quel periodo curavo gli interessi di una fondazione i cui advisor finanziari avevano suggerito di investire una parte consistente del patrimonio in euro. Ricordo ancora le allegre riunioni a fine 1999, quando la discesa dell'euro durava ormai da un anno, e non se ne vedeva la fine, e la proprietaria dei fondi cercava di capire dagli espertoni come mai stesse perdendo così tanto in conto capitale per investire in attività che comunque le davano così poco in conto interessi.

Tanto per chiarire il punto, io a un pranzo di lavoro nel 1998 ovviamente avevo detto al commerciale della grande società finanziaria di turno: "Ma insomma, amico, parliamone! C'è il CAPM, Black e Scholes, il lemma di Ito, equazioni differenziali stocastiche, tutto quest'armamentario, e poi la soluzione qual è? Metti il 60% in euro e il 40% in dollari? Ma questo gliel'avrei detto anch'io gratis a Wdhrtabwdef  [NdC: ho tradotto in venusiano il nome del miliardario di turno], anche se magari avrei messo il 60% in dollari...".

Lui si fece un risolino prima, e io una risatona dopo (cose che capitano), quando il miliardario di turno se lo inc..., pardon, gli fece sommessamente notare che c'era qualcosa che non tornava.

Aaaaaah!

I piddini ovviamente vi diranno che nel 1999 l'euro non c'era, perché per il piddino (o per l'ortottero, o per l'utile tsipriota, o per...) l'euro è "solo una moneta", cioè solo un dischetto di metallo che ha in tasca, e che gli evita di dover usare le tabelline quando scende dall'aereo a Parigi per raggiungere il suo attichetto a Place Vendôme.

Ma il fatto è che le tre funzioni della moneta che si studiano a Econ102 sono:

1) unità di conto (metro del valore);
2) intermediario delle transazioni;
3) riserva di valore

e sappiamo anche che storicamente (anzi, antropologicamente) la prima ad affermarsi è stata la prima fra le funzioni elencate. Non c'è scritto "dischetto di metallo": omissione imperdonabile alla quale i piddini rimedierebbero se potessero riscrivere la storia a loro immagine e somiglianza! Nel 1999 l'euro, che non era ancora circolante (cioè che non era ancora "dischetto di metallo" in tasca a noi), e che quindi non usavamo nelle nostre transazioni interne, era però già l'unità di conto delle transazioni internazionali, il che significa che la svalutazione del 25% contro dollaro comportò che il petrolio ci costasse oltre il 30% in più rispetto a quello che si sarebbe verificato se l'euro fosse veramente stato stabile sul dollaro (perché non il 25%? Chiedetelo agli espertoni che vogliono insegnarci il funzionamento delle percentuali...).

Inutile dire che non vedemmo fra 1999 e 2000 un'esplosione del 30% dell'inflazione, come non la vedemmo nel 1992 (come su questo blog abbiamo più e più volte ricordato da anni: Alberto Barsi ci segnalò nel 2011, nel secondo articolo di questo blog - nel secondo articolo di questo blog - l'intervista a Monti della quale vi ho più volte parlato e che Claudio ha così ammirevolmente collocato nel contesto a Torino, quella nella quale Monti ammette che fra 1992 e 1993 l'inflazione era scesa e la svalutazione ci aveva fatto bene).

Quindi: l'euro non ci ha dato la stabilità di per sé, perché all'occorrenza gli è capitato di sgretolarsi come la lira.

Allora qualcuno dirà: "Be', d'accordo, questo è incontestabile: l'euro non è sempre stato forte, e la sua performance nei primi due anni non è stata poi così dissimile da quella della liretta nel suo periodo di maggiore debolezza. Ma proprio questo chiarisce che l'euro non è il problema! Infatti, come ci ha più volte detto, nel 1992 il saldo estero andò rapidamente in terreno positivo e la crescita ripartì, mentre nel 1999 non successe nulla di simile, il che dimostra che l'euro è solo una moneta e che il problema è la corruzione/la Cina/la spesapubblicaimproduttiva [barrare una o più caselle a scelta]".

Eh no, caro piddino, le cose non stanno così, ovviamente. Madre Natura ti ha dato troppa faringe e poco cervello, e purtroppo, se è possibile rimediare al primo problema con un bisturi, per il secondo c'è poco da fare.

Allora, vediamo i cambi lira contro marco, costruiti nello stesso modo, e riferiti agli stessi periodi:



Oooops! Eh già! Nel 1992 la lira aveva ceduto anche rispetto al marco, ma nel 1999, ovviamente, no, perché eravamo nell'euro, chiaro, bestia piddina? Eravamo nell'euro, chiaro, utile tsipriota? Eravamo nell'euro, chiaro, pentaballista? E quindi, anche se nel 1999 il dischetto di metallo in tasca si chiamava ancora la lira, i cambi intraeurozona erano irrevocabilmente fissi, e in sostanza eravamo già nell'euro.

Ora, vediamo se ti entra in testa (tranquillo: a te mi interessa solo farlo entrare in testa). Riporto gli stessi dati, questa volta non confrontando quello che è successo alla stessa valuta in due tempi diversi, ma quello che è successo nello stesso tempo a due valute diverse, cominciando dal 1992 e poi mostrando il 1999.

Nel 1992 la lira cedette (in proporzioni diverse), rispetto sia al dollaro che al marco:



Notate: cedette più rispetto al dollaro che rispetto al marco. Ora, cosa sarebbe dovuto succedere, nella vostra fottuta mitologia di seguaci di Giannino? Avremmo sì avuto un vantaggio competitivo sulla Germania, quello lo ammettete anche voi - e infatti lo abbiamo avuto, raggiungendo un surplus verso l'estero confrontabile a quello che la Germania aveva avuto negli anni '80; ma, sempre secondo voi, avremmo dovuto avere un enormissimo scoppio di inflazione - e infatti non lo abbiamo avuto, perché nessun articolo scientifico dice che a una grande svalutazione segua una grande inflazione, dal momento che in effetti una cosa del genere non succede mai per motivi che se voi aveste meno faringe e più cervello potreste studiare qui.

Da quando siamo nell'euro invece può succedere solo questo:



Possiamo riallineare il cambio solo extraeurozona, e dato che il Nord dell'Eurozona rappresenta quasi la metà del nostro commercio, è evidente che il mancato riallineamento (cioè il fatto che la Germania si sia opportunamente scelta un sistema che le permette di non rivalutare) ci danneggia, mentre rispetto ai mercati delle materie prime siamo sempre in balia delle decisioni altrui (ma questo, come abbiamo visto, è meno importante, perché due episodi di svalutazione superiori al 20%, quelli che vi ho mostrato in questo post, non hanno portato a un aumento del 20% del prezzo della benzina alla pompa, come vi ho spiegato non tecnicamente qui, e come vi spiegherò tecnicamente il 12 aprile a Roma). Peraltro, questo fa capire che chi ci dice che il problema è il cambio dell'euro sul dollaro appartiene necessariamente a una delle due categorie sopra menzionate. Il problema è ed era il cambio fra Italia e Germania, cioè il fatto che la Germania non rivaluta, anche se i suoi beni sono molto domandati, sono in eccesso di domanda. Il problema è che l'euro impedisce al mercato europeo di funzionare. Come si ponga rispetto ai mercati terzi è un problema di ordine inferiore, stante il fatto che l'Europa è il più grande mercato dei paesi europei.

Bene.

Dopo tanti post tristi (e qualcuno esilarante), finalmente un post utile. Questo post vi permette:

  1. di riconoscere un cialtrone (o un collaborazionista) quando ne incontrate uno (laddove non crediate, come me, all'inesorabile veridicità della fisiognomica); 
  2. di stare tranquilli: qualsiasi cosa succeda al cambio della nuova lira dopo l'euro... è già successo, e siamo ancora vivi!

Il riallineamento che ci aspetta questa volta, però, non sarebbe del tipo "cornuti e mazziati", come quello del 1999 (cioè con un aumento del costo delle materie prime, a causa della svalutazione verso dollaro, ma uguale competitività verso i mercati di sbocco, a causa dell'esistenza dell'euro). Sarebbe invece del tipo "arrivederci e grazie", cioè con un incremento del prezzo delle materie prime in dollari simile a quello sperimentato nel 1992, compensato però - come nel 1992, e come in Veneto e nelle Marche ricordano bene - da un uguale o superiore incremento della competitività sui nostri mercati di sbocco.

Prima è, meglio è.

E questo ormai cominciano a capirlo anche gli imprenditori.

mercoledì 26 marzo 2014

2050 fuga a Seoul

Un gentile consigliere comunale veneto presente a Padova mi ha chiesto delucidazioni circa la mia affermazione che nel 2030 la Corea del Sud starà meglio di noi. Intanto chiedo venia: l'orizzonte temporale di riferimento non è il 2030 ma il 2050! Una papera piuttosto incomprensibile (ma comincio a farne spesso), visto che questi dati li usavo quando facevo seminari di economia della globalizzazione in Francia. La slide in questione è questa:



e la fonte è questo studio di Goldman-Sachs (il nemiiiiiiico!), a p. 37 del quale trovate gli stessi dati.

Questo studio è leggermente datato. Dopo la crisi le valutazioni sembrano essere lievemente cambiate (vedete ad esempio qui), e ci sarebbe comunque molto da dire anche sullo studio aggiornato, perché la posizione dell'Italia nel 2050, dopo la legnata che sapete, è molto probabile sia sensibilmente peggiore di quella prevista dagli studi citati.

Magari, quando mi libero dall'incombenza di tirar su soldi per potenziare la nostra voce, vi dico anche due cosette su come son fatte queste previsioni, e, ad esempio, sul perché l'attuale livello della crescita cinese né mi stupisce né mi preoccupa. Un altro QED, che servirà anche a spiegarvi come mai riviste scientifiche qualificate rifiutano articoli che dicono cose giuste (o li pubblicano anni dopo che quelle cose sono successe).

C'est la vie, e, come tutti sappiamo, nella vita c'è di molto peggio che perdere un'occasione per dire "io l'avevo detto".

Se invece vi interessasse il passato, qui vedete quello che è successo (la fonte è la solita):


È abbastanza evidente la batosta presa dalla Corea durante la crisi asiatica del 1997 (un bell'esempio di ciclo di Frenkel, come lo chiamate voi). Si vede anche che siamo stati noi a riportarla sul trend dopo il 2008, quando lei ha svalutato e noi no (lo vedete le scalino?). Cose che capitano. È normale e fisiologico che gli emergenti emergano. Sarebbe utile vederlo più come un'opportunità che come una minaccia, il che sarebbe possibile se non ci dessimo la zappa sui piedi, ma guardate il bicchiere mezzo vuoto: il consenso si costruisce col terrore, e quindi ricordatevi che fuori c'è la Ciiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiina, e il cambiamento climatico...


(Vi ringrazio tutti tantissimo per la forza che mi state dando in questo momento, facendomi schiantare dalle risate col vostro umorismo folgorante, o scaricando su di me il vostro smarrimento e il vostro dolore. Quando ho deciso di parlare, ho anche deciso di ascoltare. Non sapevo che avrei imparato da voi ad amare così profondamente l'umanità. Tutto quello che ho letto in tanti anni ha preso un'altra luce. L'esperienza è la madre di ogni scienza...)

martedì 25 marzo 2014

I grandi classici: Metastasio

« Voce dal sen fuggita
Poi richiamar non vale;
Non si trattien lo strale
Quando dall'arco uscì »

(Pietro Metastasio, Ipermestra, Atto II, scena I, min 30:00 e seguenti)



(povero Realfonzo che ripete come un disco rotto la lezioncina sull'ingenua difesa del cambio flessibile: mettiamola agli atti. Povero Verhofstadt, accolto al suo ingresso nella campagna elettorale italiana dalla più italiana delle parole, l'equivalente italiano della parola del vincitore. Povero Massimo che, a causa di queste ennesima perdita di tempo, si è cuccato la mia ennesima sclerata. E povera giornalista, o chi per lei, che pareva sinceramente animata dalle migliori attenzioni. Bene: vediamo se tre anni di lavoro sul campo sono serviti a qualcosa. Qualcuno mi spiega perché quello che ha detto Verhofstadt è una scemenza? No, non mi riferisco alla storia del cambiamento climatico: mi riferisco alla storia dell'unico mercato dei bond che permetterebbe all'imprenditore veneto di finanziarsi a tassi bassi!

Metastasio, come metastasi: se sei un imprenditore e passi da qui, siste viator, ac reminiscere: per Realfonzo, Brancaccio, De Cecco, Prodi e Verhofstadt tu sei una metastasi - e anche un nemico di classe. Guarda caso, le persone per le quali sei un nemico - e una metastasi - vogliono tenersi l'euro.

Se a scuola ti hanno insegnato che due più due fa quattro, ti assicuro che crederci non è un atto di fede. Se ti vuoi salvare, metti un euro alla banca dell'onestà intellettuale. Il tasso di interesse lo calcoleremo dopo, e vedrai che non ti deluderà...)

lunedì 24 marzo 2014

Non mi guardi in faccia! (il mio 24 marzo)



Buongiorno professore mi scusi per quello che le scriverò, ma sento forte il bisogno di parlare con qualcuno che non mi conosca ma soprattutto non mi guardi in faccia, perché stamane, dopo l'ennesima settimana andata male riguardo il mio lavoro, mi sono ritrovato da solo a piangere come un cretino, mentre guidavo l'auto perché le cose da pagare sono tante ed i soldi sempre meno.

Ma non piangevo per i conti che non riuscirò a saldare, ma perché sento la disperazione che cresce lenta ma inesorabile, e negli ultime settimane i cattivi pensieri affollano sempre più la mia mente. Mentre le scrivo queste parole ( che non so le leggerà), sono solo ed ho un groppo in gola che mi fa star male ed a stento riesco a trattenermi........ Non sono il tipo che si lascia andare in pianti e sin da piccolo, quello che mi succedeva lo tenevo sempre per me.

Ma ora non c'è la faccio a tenermi tutto dentro, ma non parlo con mia moglie per non avvilirla, che ha già i suoi problemi. I miei genitori sono anziani, e concentrati sui loro problemi, e sono come i bambini, ai quali ho chiesto per questa settimana “aiuto” per andare ad accompagnare mia moglie a lavoro, sennò devo rinunciare al mio, ma non erano tanto contenti..

Non hanno mai osato chiedermi come andasse il lavoro o la mia vita, e forse capisco la ragione, perché temono di non essere in grado di aiutarmi ( mio padre è un pensionato ), anche se l'aiuto che cerco sono solo due parole dette col cuore........

Stamane ho accompagnato mia moglie al lavoro ( ennesimo precario ), rinunciando al mio che sono una partita iva, perché non essendoci mezzi pubblici, lei non saprebbe arrivarci.

Faccio 300-400 km ca al giorno, e spesso senza costrutto e non è infrequente toccare sino a cinque province, perché la società per la quale collaboro ha ridotto i rimborsi per dormire fuori.

Sono 15 anni che faccio questo ed ho 43 anni ed una laurea in economia, e a nulla serve per il lavoro che ho intrapreso anni fa ( recupero crediti ), ed ho provato a cambiare lavoro negli ultimi tre anni ma senza successo...

Mi “ scontro” giornalmente con la disperazione delle persone, che non hanno ne un lavoro ne da mangiare ( ne sono più di quanti ne possiamo immaginare i nostri politici ), e sempre più spesso mi capitano situazioni disperate. Spesso ho incontrato persone che potevano essere lì-lì per compiere un atto insano e mi ho sentito l'esigenza umana di ascoltarli e di dissuaderli dai loro orribili propositi...Ma è dura...........

Alla fine della giornata torno a casa senza aver guadagnato nulla e con l'animo distrutto per l'impotenza di assistere ed ascoltare la disperazione delle persone.

Sono oltre due anni che la leggo e la seguo, ed ho capito la fregatura nella quale ci hanno messo

L'altro giorno volevo comprare una rosa per mia moglie, ma non è stato possibile...

Non so se riuscirò a pagare l'iva e le tasse a maggio, ne se riuscirò a fare il prossimo tagliando alla macchina, ma non è questo che mi turba, se riusciremo molti di noi a resistere …

Mi scusi ancora

Un saluto

Gianni C.

Postato da Gianni C. in Goofynomics alle 24 marzo 2014 14:17


(...bella lettera da ricevere il 24 marzo. Alcune pacate considerazioni in ordine sparso. Intanto, se sapessi scrivermi delle lettere così, probabilmente farei lo scrittore. Ma siccome non riesco a scriverle e ho anche difficoltà a leggerle, se permettete, dovendo sudare sangue, lo suderò insieme a voi. Già immagino i tecnici che storcono il nasino. Ma per loro ho già la medicina. Poi, chi scrive è partita Iva, quindi nemico di classe der Melanzana e dei suoi nuovi amici, i marxisti dell'Illinois. Questo ricordiamocelo sempre, perché il redde rationem si avvicina. E poi, cosa ci hanno fatto, che dobbiamo vergognarci di mostrare la nostra faccia, noi che, fino a prova contraria, abbiamo solo cercato di fare una vita normale, di avere un lavoro, una moglie, dei figli? Cos'è questa mostruosità che ci sovrasta, questo darwinismo di mercato dove solo gli eccelsi hanno diritto di sopravvivere, questa nuova religione predicata da persone che di eccelso hanno solo la mediocrità, questo nuovo credo imposto dai piccoli Eichmann di Bruxelles e dai loro grigi esecutori periferici? Siamo qui per ascoltarci e per farci forza. E me ne fotto dei dilettanti che vorrebbero sentirsi intelligenti commentando una bella discussione tecnica. Per i professionisti la tecnica dell'euro è una banalità. La vita umana, quella, fino a prova del contrario, non è banale e andrebbe rispettata. Spiegatelo ai repubblichini, oggi, il 24 marzo...)