domenica 31 agosto 2014

Una precisazione (eine genauere Feststellung)

Dato che nella simpatica giungla social continuano gli attacchi personali a me e a voi, oltre a ricordarvi che in questa fase è assolutamente indispensabile non reagire, oggi vorrei fare una breve e fattuale precisazione per quanto riguarda la mia umile (che non vuol dire modesta) persona.

Di me dite pure quello che vi pare, se vi allargate fate solo brutta figura (e la state facendo), quindi feel free. Nella dialettica seguo il principio di certe arti marziali orientali: lasciare che sia l'avversario a lavorare per te!

Del mio Dipartimento però è meglio che non lo facciate, perché io da ufficiale (se pure in congedo) ho conservato un certo spirito di corpo.

Parlare della D'Annunzio come di una Università di quart'ordine non credo che esponga a querele da parte del Magnifico Rettore Carmine Di Ilio, il quale suppongo abbia ben altro da fare che occuparsi di queste scempiaggini. Espone però al rischio del ridicolo, e a un certo sospetto di incompetenza. Chi vuole avventurarsi in simili affermazioni dovrebbe infatti sapere che l'università è per definizione una istituzione universale (universitas studiorum, scusandomi coi diversamente latinisti), ragion per cui la sua valutazione non può essere fatta a livello dell'istituzione, ma deve necessariamente essere effettuata a livello dei singoli dipartimenti, che, in Italia come nel resto del mondo, sono le strutture preposte al coordinamento dell'attività di ricerca in settori disciplinari omogenei. Chi parla di classifica di un'università è evidentemente un incompetente che ritiene che sia possibile valutare con criteri omogenei un astrofisico e un grecista, un esperto di marketing e un botanico, uno storico e un matematico. Simili affermazioni si commentano da sole e quindi vi prego un'altra volta di non commentarle (ma tranquilli...).

Venendo al punto, vi informo brevemente sulla posizione del Dipartimento cui sono lieto e fiero di afferire, perché per me è stato qualcosa di più della struttura che ha coordinato e finanziato la mia ricerca, consentendomi di svolgerla in libertà: è stato una famiglia, dove magari può essere anche capitato di litigare, ma dove mi sono sentito, e credo tutti si siano sentiti, legato da un comune senso di identità e di progetto. Questo, lo aggiungo perché desidero aggiungerlo, grazie alle qualità non solo scientifiche ma anche umane dei colleghi e del direttore, il prof. Piergiorgio Landini.

Dal sito dell'ANVUR potrete facilmente verificare che il Dipartimento di Economia dell'Università Gabriele D'Annunzio si situa al 30° posto, sopra la media e la mediana dei 94 grandi dipartimenti dell'area 13 (quella delle Scienze Economiche e Statistiche). Se avrete la bontà di documentarvi, vedrete che dopo il Dipartimento cui appartengo vengono Dipartimenti di Università prestigiose che non nomino, anche perché questo posizionamento potrebbe in fondo non voler dire nulla, oppure vorrebbe dire, come affermò un mio geniale collega di Economia Applicata, che nell'accademia chi comincia a misurarselo fatalmente scopre di averlo troppo corto. Cose che capitano, e perdonate la metafora (il sito ROARS fornisce innumerevoli esempi).

La classifica ANVUR è molto complessa (anche molto contestata, va detto per onestà e non per critica, in modo che voi abbiate elementi di giudizio più articolati). La più rozza classifica effettuata sul sito IDEAS, un progetto internazionale che ordina secondo diversi criteri bibliometrici la produzione scientifica degli economisti di tutto il mondo colloca il mio Dipartimento un po' più in alto, nel primo quartile (il top 25%).

Quanto a me, non so che pagellina mi abbia dato l'ANVUR. Se non ricordo male, i prodotti della mia ricerca sono stati classificati in fascia media (su tre possibili fasce): erano tutti articoli impattati, quello che è stato valutato peggio era quello con l'impact più alto, ma passons.

Secondo IDEAS sono top 5% al mondo per due criteri bibliometrici non particolarmente rilevanti (la visualizzazione degli abstract dei miei lavori), e in Italia mi colloco al 456° posto su 657 colleghi repertoriati (ma, per dirvi, Gustavo è al 617° posto, e ha pubblicato in riviste più "alte" di quelle dove ho pubblicato io - per completezza: Becchetti è al 12° posto - ma Bollino e Pagano, per citare due economisti bravi e influenti, sono sotto di me, e soprattutto lo è Giuseppe Arbia, che ha un curriculum da spavento. Quindi, prendete sempre i ranking con le molle...).

Va anche detto che se vedete chi è in cima alla lista e vi ricordate cosa ha detto e cosa sta dicendo... ma qui mi fermo.

Naturalmente si può sempre migliorare. Basta sapere di cosa si sta parlando, cosa che per un ricercatore è obbligatoria, e per un giornalista facoltativa, come i migliori di loro ammettono.

27 commenti:

  1. Il "classifichismo" è una delle più ridicole degenerazioni della nostra (sub)cultura contemporanea.
    Figlia della "competitività", della "meritocrazia"; insomma, del più bieco carrierismo/leccaculismo con obbligo di omologazione (integrale).

    La prego, non se ne curi più di tanto e non si curi nemmeno troppo di PhD, curriculum, ecc. ecc.

    Perché -per esempio- qua due "espertissimi" di livello internazionale ci consigliano, in base alle loro classifiche di emigrare in Qatar
    (io alle medie facevo ricerche un tantino più attendibili e complesse):
    Leggere per credere (e ridere):
    http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/08/29/giovani-dieci-paesi-dove-vale-la-pena-emigrare/1102239/

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    1. Io notoriamente me ne fotto. Sicuro di aver letto il post che ho scritto? Oggi un giornalista ha diffamato il mio ateneo e ho chiarito la situazione. Poi lo sappiamo: i giornalisti prendono la loro libertà d'opinione come diritto di diffamare chiunque, e la critica al loro operato come lesa maestà, quindi nin nomino nemmeno il tizio. Se sarà il caso verrete avvertiti.

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    2. L' ho letto, l' ho letto, compreso l' esilarante classifica che ha linkato.

      E se sono qui a leggerla è anche (e forse soprattutto) perché so (o penso di sapere) che lei se ne fotte abbastanza per mantenere la sua onestà intellettuale ad un livello -forse- senza eguali in Italia (e non solo).


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  2. c'è da sentirsi male.. uno queste classifiche le prende e le butta..
    https://twitter.com/Keynesblog/status/506043897622298624?utm_source=fb&utm_medium=fb&utm_campaign=Mirkuz&utm_content=506057276558671872

    ed è 59imo.. sì, non bisogna reagire.
    Intanto domani ho la coloscopia e con la scusa vado in bagno.. la mia reazione per ora è questa (altro che purga! ihihihi).

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  3. È una settimana che non mi arrivano più le mail sui nuovi post di goofynomics e ieri yahoo mi ha anche avvisato che hanno provato ad accedere sulla mia casella di posta elettronica... Qualcuno ha ravvisato lo stesso problema? Saluti

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  4. Chiuderemo anche l' ANVUR, o almeno lo riformeremo; ieri erano tutti presi dalle nomine a Bruxelles, the turkeysCELEBRATE.
    Ho quasi finito le compresse di Valeriana e vado a comprarmele.

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  5. Il meccanismo è comunque un pattern ricorrente: screditare il "contenitore" perché si vuole screditare uno dei "contenuti". (E magari "dimostrare" che il "contenitore" è screditabile perché ha, tra i suoi "contenuti", qualcuno in particolare, con particolari caratteristiche).

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    1. quoto, è un espediente abbastanza comune e vigliacco, e comunque anche se fosse la peggior università e/o dipartimento del mondo, cosa di cui dubito, questo non basterebbe a sminuire in alcun modo il lavoro fin qui svolto dal Prof.

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  6. Grazie a questo "tizio" oggi io ho la raggiunto la Conoscenza: la terra non è piatta! Amici di Pescara lo avete capito??? LA TERRA È TONDA!!!!

    E comunque mi sentivo di consigliare al Tizio di allenarsi a correre...si tenga in allenamento. Mi piacerebbe tanto conoscerlo....ma tanto tanto.

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  7. Magari non si può classificare l'università, ma è stata classificata la classe giornalistica italiana. Cinquantesimo posto per libertà d'informazione. Dobbiamo aggiungere altro?

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  8. Credo di sapere a chi ti riferisci, vale la pena tralasciare. Anche perché ce l'ha decisamente corto (il cv da giornalista). D'altra parte poveretto lo capisco, anche io come lui son dovuto emigrare per cercare occupazione, e sono pure stato fortunato di aver ricevuto impiego nel mio campo lavorativo.

    Semmai sarebbe interessante capire perché persone senza troppi mezzi si permettono allegramente di valutare istituti e organizzazioni prescindendo persino da valutare risultati ottenuti o meno.

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  9. Professore, lei sta facendo un lavoro egregio, addirittura sovraumano per l' impegno che ci mette, certe scempiaggini mi rifiuto di leggerle, e glielo dico benché lei non mi stia caratterialmente simpatico

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    1. Ma lei, da che parte sta? Non bazzicava anche sul sito "gufinomics" di Peter Hayez?

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    2. Magari è ambidestro. Oggi va di moda.

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  10. Chi diffama l'Università Gabriele D'Annunzio o il Dipartimento presso il quale insegna dimostra semplicemente di non possedere gli strumenti culturali per entrare nel merito delle questioni trattate. Lei ha il pregio di supportare le sue tesi - anche in ambito "divulgativo" - con solidi argomenti, normalmente basati su evidenze fattuali: questa sua cifra "stilistica" è un approccio che costituisce un'ulcerante provocazione per molti dei suoi detrattori...... che semplicemente non sono in grado di "combattere" su quel terreno.

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  11. Per quanto mi riguarda sono le persone a fare la differenza. Lei la fa. Punto. Chi non si rende conto del valore di quello che scrive o è un allocco o è in malafede.

    In qualsiasi disciplina si può essere considerati dei fenomeni ma la differenza la fanno quelli che sanno leggere le situazioni al momento giusto.

    Io sto con lei perchè non ha mai chiesto di fidarci di lei, ci ha saputo conquistare con i dati e con la discussione.
    So che le danno fastidio i complimenti... e preparo già le mani per le bacchettate. Me le merito.

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  12. Quando preparai la tesi di laurea su una varietà di riso coltivata senza acqua di sommersione (due anni tra pieno campo a cadenza settimanale, laboratorio e casa, per fare trattamenti diserbanti, raccogliere campioni ed effettuare misurazioni biometriche) l’analisi statistica forniva degli indici abbastanza ballerini in riferimento all’oggetto di studio, mentre confermava parametri biologici già noti. Il relatore, sottolineando una disomogeneità numerica su un teste tra quelli posti a confronto, pensò inizialmente di sopprimerlo ed aggiustare il tutto con qualche correzione statistica, ma venne trattenuto dal correlatore; il sottoscritto, che conosceva giustappunto i criteri di base con cui eseguire e leggere un’analisi della varianza, si fece venire un dubbio da verificare nei tempi successivi. Ora quel dubbio è una constatazione abbastanza ricorrente che indica come in un sistema ove importa maggiormente la quantificazione del risultato, lo stesso si ottenga tendendo progressivamente alla semplificazione e alla scorciatoia, o rischiando di farlo, circostanze certamente più praticabili nell’ambito della dialettica verbale, ma oggetto anche dell’indagine cosiddetta scientifica (sono noti casi storicamente eclatanti di ritocco dei dati per dimostrare la propria tesi di ricerca – e io che son rimasto all’idea che lo scienziato debba possedere o perseguire la cristallinità del mistico…). Ora, se attraverso il sistema meritocratico vengono premiati i risultati più veloci ad essere conseguiti, o i più eclatanti, si creano pressioni all’apertura di due vie: o si bara abilmente, ben conoscendo le contromosse da esibire per dimostrare che le proprie tesi erano comunque corrette, essendo state alterate da eventi successivi o quant’altro, oppure, come sostenne lo stesso Prof. Sermonti in un suo bel libro, si semplifica l’oggetto di ricerca superficializzandolo, spezzettandolo in nicchie d’autoriferimento, e quindi chiudendo, non allargando, gli spazi del sapere: si riduce la risoluzione dell’ingrandimento perché così diviene più agevole ottenere risultati, anche introducendo cause gestibili per le quali sono già state elaborate plausibili risposte (e tutto quel che crea fastidio immediato può sempre essere considerato come trascurabile, anche se ipotizza un disastro tra cent’anni – ma in un lasso di tempo così individualmente dilatato, chissenefrega!). In un contesto simile dunque il rischio palpabile è che qualsiasi ricerca e attività divenga “ricerchificio” ed è piuttosto ovvio che le classifiche di merito proliferino in modo quantitativo, seguendo sempre il criterio di merito finalizzato al risultato specifico già polarizzato. Mutatis mutandis, è un fatto del tutto analogo, visto che sono state citate dal prof., a quanto accade nelle arti marziali derubricate ad attività sportiva; qui gli incontri si vincono ai punti seguendo la logica della cumulabilità, come nelle partite di calcio, laddove invece nella realtà immediata la prima tecnica ad essere efficace potrebbe non consentirne nessun’altra da parte di entrambi gli avversari, o comunque modificare sensibilmente e irreversibilmente il contesto effettivo dello scontro.

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    1. Delle volte non c' è neanche bisogno di falsificare i dati, basta interpretarli fantasiosamente, vedi il caso Vioxx della MSD

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  13. Se gli economisti fallissero (come le aziende) in base alle "ricette" e alle previsioni sbagliate, in Italia rimarreste sì e no una decina di economisti in attività.
    La maggior parte si riempie la bocca di libero mercato purché non sia applicato a se stessi (e al valore delle valute monetarie)

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  14. Mi sembra significativa la denominazione della Bacconi

    Università Commerciale

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  15. Curiosamente, ho avuto qualche giorno fa la stessa discussione con un noto debunker della rete (LeFou), al quale cercavo di spiegare come, nonostante in generale trovassi meritoria la sua attività, nel caso particolare dell'uscita dall'euro avesse preso una grossa cantonata. In sostanza, detto soggetto, ha finito con lo scambiare per una teoria del complotto un argomento che è nettamente al di fuori della sua portata (a uno che ti dice "l'uscita dallo sme nel '92 ci è costata tantissimo" come rispondi?). Poi è partito il teatrino del "Bagnai non è attendibile perché non è peer reviewed". Invano ho cercato di spiegare che

    1) Le classifiche di quanto lo si ha accademicamente lungo lasciano il tempo che trovano in assoluto (citavo un articolo proprio di ROARS)
    2) La teoria delle aree valutarie ottimali non la ha inventata Bagnai, ed oltretutto PRECEDE il trattato di maastricht (sarà Mundell sufficientemente piirreviued?)
    3) Quand'anche si volesse giocare a questo gioco idiota, bisognerebbe ricordare che la scienza si fonda soprattutto sulla capacità di fare previsioni, e in questo senso il blog è abbastanza risolutivo.

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    1. Potresti cortesemente inviarmi lo scambio col simpatico debunker? In jpeg andrà benissimo. L'ho bloccato molto tempo fa.

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  16. Prof...ormai ho capito certe valutazioni e certi attacchi debbano essere letti al contrario...

    Attaccano il suo dipartimento? Buon segno...

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  17. Prof, lei ha messo la foto delle forbici di ikea. Le vidi già da qualche anno in quantità industriale a milano. Quasi 4000 Lire. :)

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  18. Prof,
    non so se le è mai capitato di leggere sui quotidiani che i nostri centri di istruzione (università e licei) sono sempre in fondo alle classifiche internazionali, il "fanalino di coda" come si usa dire.

    Poi vai un po' a giro e scopri che in molti paesi "modello da seguire" l'ignoranza si taglia a fette.

    Però si sa: siamo il fanalino di coda in tutto....

    Disgusto e rabbia verso questo tipo di giornalisti.

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