giovedì 31 luglio 2014

È la flessibilità, bellezza... (MMT vs. Phillips)



Vi ricordate i tempi eroici degli inizi? C’era quel tipo strano, quel giornalista, Donald, come lo chiamavamo, che aveva trovato una teoria della Provvidenza, la MMT, che avrebbe salvato il mondo, e i suoi santoni erano cinque colleghi americani, uno dei quali, Wray, non venne mai in Italia, mentre gli altri, uno dopo l’altro, sparirono, quando realizzarono (secondo me un filo troppo tardi) che andare in giro accanto a un tipo strano non era esattamente il miglior modo di render servizio alla propria credibilità scientifica (per quanto nelle tournée in provincia si possa anche essere accomodanti, se il cachet è buono).

In effetti, io stesso avevo grosse difficoltà a collocare quello strano manipolo di colleghi sia politicamente (nello spettro che va dal patologicamente ingenuo al pericolosamente losco, perché in fondo timeo Yankees et dona ferentes...), sia scientificamente, perché quello che trapelava delle loro teorie miracolose era, nel referto ecolalico ed agglutinato degli adepti, una orrenda mistura di banalità presentate come teorie miracolose (i saldi settoriali), e di sconclusionate assurdità. Ho capito dopo, soprattutto grazie a Gennaro Zezza (santo subito) che i colleghi né si fregiavano delle banalità (era il giornalista de cujus che le enfatizzava, essendo molto probabile che fossero le uniche cose che aveva capito), né propugnavano esattamente le assurdità (che per lo più diventavano tali dopo esser passate per l’opera di divulgazione molto testosteronica del simpatico Piero Angela “rivoluzionario”). Una, in particolare, colpiva la mia immaginazione. Ogni due per tre c’era un bischero che mi scriveva, o interveniva sul blog, o mi insultava in altri blog, dicendo: “Ma insomma, Bagnai, lo sanno tutti che la tassazione non serve a finanziare lo Stato: il suo unico scopo è quello di controllare l’inflazione!”. Al che io generalmente rispondevo: “Eeeeeeeeeeeeeeeeeeh!?”. E la risposta, saccente, era: “Certo, perché con la tassazione dreni liquidità, quindi ci sono meno soldi in giro, quindi i prezzi calano, e d’altra parte lo Stato non avrebbe bisogno di imporre tributi perché basta che stampi”. Al che io opponevo un cortese ma fermo: “Le faremo sapere, chiamiamo noi...” e la storia finiva lì.

Tutto quello che ricavavo da questo discorso è che c’erano quattro turisti americani in giro per l’Italia che dicevano di essere keynesiani e si facevano pagare per raccontare la teoria quantitativa della moneta, quella secondo la quale, appunto, è la moneta, esogenamente creata dallo Stato, a causare direttamente i prezzi (dal che consegue che lo Stato è il nemico dei risparmiatori, dei quali erode i sudati risparmiucci stampando moneta, ragion per cui questo potere gli va assolutamente tolto). Insomma: il sogno del fruttarolo nel mio libro, per chi lo ha letto (e chi non lo ha letto si legga un manuale di economia). “Il mondo è bello perché è vario”, pensavo. “Evidentemente ci sono persone che possono dirsi keynesiane oggi sostenendo tesi che sarebbero sembrate fasulle a un neoclassico di fine Ottocento. Finché mi staranno fuori dai coglioni, bene così.” In effetti si sono attenuti alla distanza di sicurezza, e poi Gennaro mi ha spiegato che loro non la pensano esattamente così, che hanno capito, e meglio di me, che la moneta è endogena, ecc. E io pensavo: “Meglio ancora”.

Tuttavia, continuo a percepire una certa ruggine fra questi keynesiani ex della Provvidenza (perché nel frattempo il guru tradito ha emesso una fatwa su tutti loro) e la spiegazione keynesiana standard della dinamica dei prezzi: la curva di Phillips. La curva di Phillips dice una cosa molto semplice, condivisibile, e comprovata empiricamente: la dinamica dei salari è influenzata dal tasso di disoccupazione. Se c’è molta disoccupazione i salari crescono di meno perché i lavoratori sono in una posizione contrattualmente debole (pur di avere un lavoro accettano qualsiasi condizione), se c’è poca disoccupazione i lavoratori hanno il coltello dalla parte del manico: la domanda tira, e i datori di lavoro, che hanno necessità di soddisfarla, accettano di pagare meglio gli operai.

Punto.

Non c’è molto di più, e non c’è molto di meno.

Questa teoria è stata attaccata all’inizio degli anni ’70 (più esattamente, nel 1968) da Milton Friedman e poi dai suoi seguaci per il semplice e ottimo motivo (dal loro punto di vista) che indicava come l’inflazione non fosse un fenomeno puramente monetario, ma l’esito di un conflitto “di classe” (per usare una parola grossa). Questo i neoclassici non potevano ammetterlo, perché sarebbe stato ammettere che l'inflazione non è una variabile "tecnica" ma "politica" (il risultato di un conflitto e di una mediazione), il che avrebbe evidentemente impedito a governi tecnici di atteggiarsi a salvatori della patria prima a Santiago del Cile e Buenos Aires, e poi da noi. Naturalmente, se l’inflazione non è causata dallo “stampare moneta” (espressione dilettantesca che accomuna i nostrani adepti della scuola di Chicago, da Giannino a Zingales), allora per controllarla non occorre “affamare la bestia” (cioè comprimere la sovranità monetaria dello Stato, e, a monte, quella fiscale, perché se lo Stato non spende poi non deve nemmeno “stampare”). Basta semplicemente affamare i lavoratori, cioè reprimere la domanda in modo che la disoccupazione cresca. Se invece si vuole il contrario, cioè si vuole che la disoccupazione sia più bassa, occorrerà accettare un’inflazione moderatamente superiore: verranno erosi i risparmiucci, forse, e i piccoli Gollum piddini, sconsolati, vedranno “il loro tessssssoro” perdere di potere d’acquisto. Però lavoreranno, e così i loro figli, e l’economia crescerà, e le retribuzioni verranno adeguate al nuovo livello dei prezzi, eccetera. Meglio avere più potere d’acquisto nonostante i prezzi siano più alti, o averne di meno nonostante i prezzi siano stabili? La risposta dei piddini la conosciamo tutti, la vostra spero, per voi, sia diversa.

Non vi sto a rifare tutta la storia dell’attacco alla curva di Phillips “da destra”. I dati e i fatti dimostrano che era pretestuoso (per chi fosse interessato c’è ad esempio “The fall and rise of Keynesian economics” di uno de passaggio – come al solito), ma quello che mi affascina è l’ipotesi che oggi la curva di Phillips sia veramente sotto attacco “da sinistra”.

Come dicevo oggi a Radio Padania, ci sono cose che uno come me, che ha fatto il liceo nei favolosi anni Settanta, non si sarebbe mai aspettato di poter vedere. La sinistra extraparlamentare che sostiene un progetto ultracapitalista perché “l’euro è contro il dollaro”, ad esempio. Ma certo che eventuali “Keynesiani contro Phillips” mi sembrerebbero meno credibili dei “Marxisti per Tabacci” (e mi farebbero considerare seriamente “Feudalesimo e libertà” come un’alternativa credibile).

Ho rapidamente svolto queste riflessioni (molto più rapidamente di quanto sia possibile scriverle o leggerle) capitando su questo tweet di Stephanie Kelton, un tweet del quale sinceramente stento a capire il significato (if any). Forse non so abbastanza bene l’americano. Insomma, par di capire che per la Kelton la curva di Phillips sia morta: le banche centrali, con le loro sagge politiche (cioè “stampando” meno moneta) avrebbero domato questa bestia feroce, e inoltre, all’abbassarsi del livello, sarebbe anche calata la reattività dell’inflazione alla disoccupazione, che quindi non spiegherebbe più nulla. Nessuna relazione fra disoccupazione e inflazione, l’inflazione fenomeno monetario... Sarà mica che la storia, com’è quel detto, si ripete la prima volta come Friedman e la seconda come Kelton? Comunque, nel suo grafico, che riporto per vostra comodità:


l’evidenza è inequivocabile. Il grafico è uno scatter, e come si legga ve l’ho spiegato illustrandovi la legge di Travaglio qui. Le nuvole di punti rappresentate sono tre, per tre diversi periodi storici: 1975-1984 (blu); 1985-1994 (rosso); 1994-2013 (giallo). La nuvola di punti blu, riferita agli anni ’70-‘80 ha un orientamento negativo: al crescere della disoccupazione l’inflazione cala in uno spettro dal 14% al 6% (la disoccupazione è misurata come scostamento dal tasso di disoccupazione “naturale”, ma non entro in questi dettagli); quella gialla, riferita all’ultimo decennio, è piatta: al variare della disoccupazione l’inflazione resta ancorata attorno al 2%.

Brave banche centrali! Il mercato del lavoro non conta più nulla, e forse hanno ragione i compagni del PD, ma anche di SEL, ma anche di Rifondazione: con delle banche centrali così brave a proteggere il potere d’acquisto dei lavoratori, a cosa servono i sindacati?

Bene, abbiamo un pensiero di meno, andiamo a dormire tranquilli, che sono le 23.

Ma... a proposito: in Italia com’è andata? Perché quella roba lì, quella che piace alla Kelton, è riferita alla media delle economia avanzate. Magari a noi interessa un po’ il dettaglio, no?

Ecco, mi sono divertito a vedere com’è andata in Italia utilizzando il database del modello di a/simmetrie, che va dal 1970 al 2013.

La nuvola di punti dal 1970 al 2013 per l’economia italiana è questa:



una pendenza negativa c’è, a dire il vero, ma la relazione è molto, molto dispersa. La varianza della disoccupazione spiega solo il 29.5% di quella del tasso di crescita dei salari, il che lascia supporre che ci sia stato, nel corso del tempo, un cambiamento.

Allora, facciamo una cosa: vediamo cos’è successo dal 1998 a oggi. È successo questo:


 ...ooooops! E qui, se ci fossero dei memmetari (ma credo siano tutti scomparsi col compianto Donald, e la SStoria avrà tirato la catena) apriti cielo!

“Ecco, lo vedi, Bagnai, ci stai mentendo, ha ragione la Kelton, che è brava, buona e bella [Ndr: a me piace di più Joan Robinson, comunque], la disoccupazione spiega solo il 3% della variazione dei salari, un aumento di un punto del tasso di disoccupazione lascia praticamente inalterato il tasso di variazione del salari (lo abbassa di 0.09) quindi la curva di Phillips è morta, quindi la moneta crea inflazione, quindi le tasse servono solo per controllare l’inflazione...”

e via quindeggiando, così, in modo piacevolmente rapsodico, inanellando una stronzata dietro l’altra con quella sicumera che oggi, due anni dopo, ci fa anche un po’ tenerezza...

Sic transit gloria mundi...

Ecco, ora che si sono sfogati, vediamo intanto per completezza cosa è successo dal 1970 al 1997. È successo questo:



Ri-ooooops! (ma stavolta lo dico io). Dal 1970 al 1997 la disoccupazione ha spiegato più del 70% della variazione della crescita dei salari, è in media ogni aumento di un punto del tasso di disoccupazione faceva diminuire di 2.4 punti la variazione percentuale dei salari...

Mmmmh... Qui i conti non tornano. Non è che Stefaniuccia sta facendo lo stesso giochino che nel 1976 fece Robertino (Lucas)? Quale gioco? Quello di esaminare su un grafico a due dimensioni una relazione ad almeno tre dimensioni.

Aspettate, vi faccio vedere una cosa. Queste sono le serie storiche di inflazione salariale, disoccupazione, e flessibilità del mercato del lavoro in Italia (indice OCSE):



Notate niente? Vi aiuto. Normalmente la variazione dei salari si muove in controtendenza rispetto a quella della disoccupazione, ma c’è un periodo piuttosto lungo nel quale crescita dei salari e disoccupazione scendono insieme, e quando è? All’incirca per un decennio a partire dal 1998, cioè a partire dalle riforme del mercato del lavoro, che fanno precipitare verso il basso l’indice di rigidità del mercato del lavoro.

Ah, ecco...

Quindi le cose non stanno proprio come Stefaniuccia nostra ci racconta: non è successo solo che le banche centrali belle buone e brave ci hanno protetto. Direi piuttosto che, come spiego nel mio libro, esse hanno creato le condizioni per sbriciolare i diritti dei lavoratori, dopo di che è stato possibile dargli dei simpatici lavori precari, senza che facessero troppo gli schizzinosi sulla paga, riducendo al tempo stesso la disoccupazione e il tasso di crescita dei salari.

Molti di voi questo ameno processo sul quale mamma Memmeta tace lo hanno vissuto sulla loro pelle e me lo raccontano, ed è per questo che qualche volta sono un po’ ruvido coi dilettanti: perché col culo degli altri si può essere qualsiasi cosa, anche keynesiani!

In termini tecnici, le riforme avrebbero fatto slittare verso il basso la curva di Phillips, per cui la nuvola di punti gialla che estasia la nostra Stefaniuccia non sarebbe la prova che la curva di Phillips è morta: sarebbe semplicemente la prova del fatto che essa è slittata, e quindi i punti gialli non sarebbero punti lungo una curva piatta, ma punti tracciati da una curva che si stava progressivamente spostando a sinistra.

C’è modo di verificarlo? Sì, ma bisogna effettuare un’analisi di regressione, inserendo nella relazione bivariata fra variazione dei salari e disoccupazione anche l’indicatore di flessibilità. Insomma, ci vuole la tecnica, le fumisterie econometriche con le quali i Bisin e i Pasquinelli non sono a proprio agio. Ci dispiace per loro. Non ho mai avuto tempo di spiegarvi bene la teoria della regressione, abbiamo appena iniziato, ma qualcuno la conosce, e cercherò di aiutarvi a interpretare i risultati. Intanto, vi faccio vedere le relazioni bivariate nei tre sottocampioni, cioè ripeto con un altro software quello che sopra ho fatto con Excel:




Vedete? I numeri sono gli stessi. Attenzione (lo dico per gli espertoni): non sto ovviamente dicendo che queste siano le curve di Phillips dell'Italia (né tantomeno quella del modello). Nella curva di Phillips c'è di più, naturalmente, e si potrebbe discutere a lungo sulla fondatezza statistica di queste equazioni. Se volete, provateci, io vi aspetto qui.

Ma vediamo cosa succede se nell'equazione riferita a tutto il campione inserisco la variabile FLEX, cioè l'indicatore OCSE:


Succede che la curva di Phillips passa dallo spiegare il 29% della variabilità dell'inflazione salariale allo spiegarne l'80% (è il valore indicato come R-squared nel tabulato): niente male per un'equazione fatta sbracato sul letto con due serie di dati scaricate da Internet! Succede anche che che per ogni punto di disoccupazione in più ci sono due punti di crescita salariale in meno, e che ogni punto di diminuzione della rigidità sposta di 0.06 (cioè di 6 punti percentuali) verso il basso la curva di Phillips. Risultato? Semplice. La progressiva "flessibilizzazione" del mercato del lavoro ha tirato "in basso e a sinistra" la nostra rudimentale curva di Phillips in questo modo:


Ma guarda un po'... Basta inserire nel quadro il convitato di pietra, le riforme, ed ecco che l'evidenza si riconcilia con la teoria. La curva di Phillips continua a esistere, ma cè stato un cambiamento strutturale, le famose riforme strutturali, che si chiamano così appunto perché dovrebbero modificare la struttura dell'economia, cioè le leggi che ne rappresentano il funzionamento, e che, se le rappresenti graficamente, sono curve. Dato che l'indicatore di rigidità OCSE, grazie a Treu, Biagi, ecc., è sceso da 3.57 a 1.89, l'intercetta della curva di Phillips (cioè il valore che l'inflazione salariale avrebbe a una teorica inflazione zero) è sceso, sul grafico, da circa il 31% a circa il 19%. Va da sé che la relazione "vera" è non lineare, che ci sono altre variabili dentro (l'inflazione, la produttività, ecc.).

Se venite a un mio corso di econometria parliamo anche di questo.

Ma intanto ricordatevi un paio di cose.

Primo: la disoccupazione resta l'unico strumento a disposizione dei rentier, dei piccoli Gollum piddini, per controllare l'inflazione. Quindi er pensionatuccio renziano che protegge il suo gruzzoletto (non si sa bene da cosa) fa proprio bene: quei soldi guadagnati col sudore della fronte (per lo più altrui) gli serviranno per mantenere suo figlio, che grazie alla deflazione resterà disoccupato fino a 65 anni, e così il figlio di suo figlio, per settantasette volte sette generazioni.

Secondo: non capisco cosa abbiano i Memmetari contro questa spiegazione del processo inflattivo, ma va bene così. Solo che, amici, io nei dati ci sono incanutito. A differenza dell'altro Alberto, Bisin, che di bivariate parlava un po' estemporaneamente, io se c'è qualcosa che non torna in uno scatter lo vedo subito, amici cari. Quindi nun ce provate, perché nun attacca.

Peraltro, devo ancora trovare qualcuno che confuti le mie supposte "bivariate" così come a me è stato facile confutare quella di Memmeta. Qualche volta bastano due variabili. Qualche volta non ne bastano tre. La vita non è semplice, nemmeno per voi che avendo letto questo blog sapete già tutto di economia (beati voi...). Ma, come diceva Totò, io modestamente lo nacqui. Signore? No, econometrico.

Eris sacerdos in aeternum.

124 commenti:

  1. Ottima spiegazione. Ma non mi risulta ci sia alcun attacco alla curva di Phillips da parte dei "Memmetari". Veda, ad esempio, qui: http://bilbo.economicoutlook.net/blog/?p=25577

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    1. Infatti! Bill Mitchel spiega le eventuali non rispondenze della curva di phillips ad alcune realtà nello stesso modo di bagnai, e cioè con la sotto-occupazione, che da un lato tiene formalmente bassa la disoccupazione nominale, ma funga anche da daflattore e tiene bassa l'inflazione! http://bilbo.economicoutlook.net/blog/?p=25577

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    2. Aggiungo che la MMT non sostiene affatto la teoria dell’inflazione come fenomeno monetario:

      <<...MMT rejects the quantity equation explanation of inflation. In our view, inflation would result if the relation between government spending and taxing were wrong, not because the ratio of money supply (however measured) and GDP were wrong. In that, we follow the traditional “endogenous money” view that the ratio of money stock to national output is an uninteresting residual.>>

      http://neweconomicperspectives.org/2013/12/mmt-101-response-critics-part-2.html

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    3. Ma carissimi! Lo so benissimo. Le critiche alla "vera" MMT sono altre, eventualmente. Rimane un problemino. Perché quattro studiosi di un certo valore sono venuti in Italia a far politica per un totale e assoluto cialtrone, che ancora oggi viene utilizzato per screditare il nostro lavoro? Ecco: io non credo che ce li abbia mandati la CIA, per capirci. Credo solo che siano stati ingenui e infatti si sono sfilati uno dopo l'altro. Ma considerando quanto mi hanno fatto faticare, con la loro ingenuità, questi gentili colleghi, quello che mi sentirei di dirgli è che la prossima volta che vogliono fare una vacanza in Italia l'aereo glielo pago io.

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    4. Intervengo "a freddo": non ho ancora capito qual è la "vera" MMT.

      Riguardo la curva di Phillips, questo è ciò che L. Randall Wray scrive su una lista di discussione: «That is conventional thinking erroneously based on the discredited Phillips Curve.» E su EcoMonitor, in MODERN MONEY THEORY: THE BASICS, ribadisce: «MMT [...] challenges the orthodox views about government finance, monetary policy, the so-called Phillips Curve (inflation-unemployment) trade-off, ...»

      Riguardo le tasse che controllerebbero l'inflazione, Bill Mitchell in Governments do not need the savings of the rich, nor their taxes! scrive:

      «So the government might impose taxes:

      1. To control inflation.

      [...]
      »

      Come si concilia ciò col fatto che propugnano (giustamente) l'endogeneità della moneta (cioè creata dall'attività economica stessa col credito — lavoro recentemente citato in To print or not to print? That is immaterial)?

      L'effetto di moderazione sulla domanda (di conseguenza sull'inflazione) delle imposte è (potenzialmente) di una frazione del reddito (ma si legga di seguito), mentre nel caso di disoccupazione —fatto salvo gli ammortizzatori sociali— è dell'intero reddito.

      Ma mentre chi percepisce un reddito, per quanto modesto, ha la possibilità di accedere al credito, chi è disoccupato (o precario) no, in condizioni normali (la crisi dei subprime è un esempio di condizione anomala).

      Se il reddito non gli è sufficiente, il lavoratore (o il pensionato) cercherà di ovviare tramite il credito; in special modo quando i tassi d'interesse sono bassi e i controlli sull'erogazione del credito si allentano (esplosione del credito al consumo, discorso approfondito in L'Italia può farcela (IPF)).

      P.S.: come notavo su Twitter, il tweet di Stephanie Kelton nel frattempo è stato cancellato.

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  2. Bellissimo post. Mi piace quando fa un po' di debunking. Che poi, anche a livello empirico (dove mi trovo francamente più a mio agio), è una cosa talmente evidente, per chi lavora in un'azienda (anche la migliore delle aziende, non è una critica): è talmente evidente che sei pagato esattamente quanto basta per tenerti lì, e che se fuori nessuno si sogna di cercarti (perché ci sono a spasso decine di persone che fanno il tuo lavoro...) quello che continua a bastare è esattamente quello che ti danno (se non di meno, nei casi peggiori tipo "contratti di solidarietà"). È una considerazione di tale buon senso, che quanto più sei ricercato tanto più sei pagato (ai bei tempi, chi non ha visto i più bravi ricevere un aumento perché non se ne andassero?). È adesso, che non se ne va più nessuno, e se osi lamentarti, perché per esempio il carico di lavoro aumenta costantemente, è normale sentirsi rispondere "Ma non li leggi i giornali?"; così come è evidente che le persone assunte a tempo determinato, i lavoratori "flessibili", hanno tutt'altro per la testa che andare a chiedere un aumento di stipendio... Insomma sembra una considerazione di tale buon senso che la disoccupazione sia inversamente correlata all'inflazione e che la flessibilità sia perfetta per contenere gli stipendi...
    Eppure qualche tempo fa, uno degli amici più marxisti che ho (mi definisce "un'immacolata coscienza borghese", qualsiasi cosa ciò per lui significhi), quando gli ho chiesto se non gli veniva qualche dubbietto sull'euro (di cui è uno strenuo difensore) pensando alla tragedia di 25 milioni di disoccupati in Europa con un'inflazione così bassa, mi ha spiegato con sussiego che la curva di Phillips era stata da tempo confutata da Milton Friedman... (P.S Per deformazione professionale segnalo che alla seconda riga sotto l'ultimo grafico c'è un "cè", come dicono quei marpioni del servizio clienti di Apple o Amazon "grazie per averci dato la possibilità di esserti utile").

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    1. "l’acquirente vuole spendere di meno, il venditore vuole guadagnare di più." C'e' scritto grosso in alto. La cultura fornisce strumenti per allargare e raffinare sempre di piu' un percorso di comprensione, che segue una traiettoria a spirale. Una fine della spirale, come Hari Seldon capi', coincide con il centro, chiamiamolo buon senso. Mi risulta ci sia stata un po' di agitazione intorno alla meccanica quantistica, ma poi il buon senso ha prevalso sul senso comune...

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  3. A Professo'
    ma tutta sta robba bivariata me sta addi' che quanno uno sta assunto precario me conta come occupato ma che poi pero' quanno se fa' er conto dell'inflazzzione me conta come 'n mezzo disoccupato...
    ... aaaooo ma questo pure er compagno Tafazzi der guppo marzista de Osita lo ddiceva!

    A parte lo scherzo in romanesco, esiste un fatto leggermente preoccupante a riguardo dei "post tecnici". Spesso svelano con i numeri cio' che in realta' era gia' ultraevidente, non solo all'inconscio, ma anche alla mente critica.

    Io mi trovo a chiedermi indeciso se tutta questa econometria e' uno strumento di razionalizzazione, che obbliga la mente a scendere a patti con il dato, o se e' solo un trucco alchemico, una nebbia matematica che da una patina di legittimita' alle proprie ideologie...

    Mi sto sempre piu' convincendo che la nostra societa' sta morendo di ideologia (della' quale l'Euro e' solo un nefasto esempio). perche' l'ideologia si nasconde dietro la matematica che le da una veste razionale.

    (PS questo non e' permeismo, io con la matematica ci lavoro (che in siciliano si dice travagghiu))

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    1. Beh, secondo me il problema è esattamente opposto a quello che evidenzi.

      Non è comune incontrare persone preparate e intelligenti, ma far finta di esserlo, atteggiarsi da esperti, è invece una cosa piuttosto facile, che se si è predisposti si impara in breve tempo con l'esperienza.

      Oggi tutto viene buttato in caciara, qualsiasi scemo parla a vanvera come se avesse pari dignità di chi, sul medesimo argomento, ci studia e ragiona magari da anni.
      Si tratta di una moda molto volgare, è un problema educativo. Una volta se un esperto parlava si ascoltava in silenzio, oggi invece salta sempre su qualcuno a dire: "secondo me è così o cosà", ma se tu sei ignorante nel campo a cui l'altro dedica la propria vita, beh, il fatto di parlagli alla pari è un atto di incredibile arroganza (Ubris per gli amici...).
      Ed è anche indice che si preferisce affermare il proprio ego invece che ascoltare gli altri e imparare cose nuove.

      Anche il prof. Bagnai manifesta una qualche egometria, ma almeno ha avuto il buon gusto di fare come Carl Marx e, prima di salire in cattedra a dire "so tutto io", ha letto e studiato.

      Per cui, a dire cavolate son buoni tutti, e si fa una gran caciara senza concludere nulla. Occorrono i riscontri, i confronti con l'estero e con il passato, le analogie, la matematica, i numeri, i fatti, e l'autorità che deriva dall'aver previsto determinati eventi, che sarebbe poi la dimostrazione a posteriori che certe argomentazioni sono solide altre, come si dice: "lasciano il tempo che trovano".

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    2. Cosa intendi per "ideologia"? Il Prof distingue sempre accuratamente i dati dal giudizio, al piu' evidenzia dove si posizionano i conflitti di interesse. Poi, se ci fosse uno spazio di confutazione concreto, non avremmo un bel sito specularmente anti-goofy, visti i mezzi del lato oscuro?

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    3. Quindi se Monti (che ha studiato tutta una vita) in eurovisione mi dice una fesseria per distogliermi l'attenzione dal fatto che in realtà mi sta per inculare, io povero ignorante devo stare zitto e riverente?

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    4. Qui mi pare che caschiamo in un'altra classica trappola che è servita a preparare il disastro attuale e a convincere tante persone "colte": il postmoderno. Non esistono fatti ma solo interpretazioni, la verità ci sfugge sempre, le cose stanno secondo come le guardiamo, è questione di narrazioni e via cazzeggiando.
      E' vero che ci sono tanti modi di imbrogliare con i numeri, hanno scritto dei libri per descriverne alcuni, ma ci sono fatti, come perdere il lavoro, che non si cancellano con le interpretazioni e non si risolvono con le narrazioni.
      E allora bisogna vedere se la matematica viene usata per imporci cosa dobbiamo vedere o per spiegarci cosa vediamo (da soli e con i nostri occhi, grazie).

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    6. @Stefano Pepino
      Tuttavia, tolto l'esempio monti che ho fatto, in linea di massima hai ragione.

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    7. Una chiarificazione.

      Non credo che l'onesta intellettuale di Bagnai sia discutibile: la qualita' didattica di questo blog e' testimone di una rettitudine poco comune di questi tempi. La competenza di Bagnai e' altresi' indiscutibile.

      Il nodo comunicativo resta pero'. Caro Alessandro caro Frank caro Perfect World. Avevate davvero bisogno della bivariata per sapere che un precario e' un mezzo disoccupato? Io no! (... e voi nemmeno)

      Viviamo in un mondo in cui i grafici e la matematica contano piu' della logica e della critica. Nulla e' dimostrato se non per via matematica. La matematica si e' trasformata da strumento a necessita'. Il corollario di questa (sub)cultura e' che invece di leggere guardiamo le figure, come bambini di tre anni.

      Una nota finale. La lotta contro l'Euro e' una guerra e come tale si combatte con tutti i mezzi. Se i grafici qui sopra hanno convinto anche solo un piddino, ben venga. La realta' (o forse dovrei dire "la realta' vera" come fanno i bambini) pero', e' che pure certi blog con la K sono pieni di formule e grafici. Sono stati giustamente sotterrati dal Cavaliere Nero non con la sottile lama della matematica, ma con le cannonate dell'intelletto. E se non capite questo l'Euro ve lo meritate!

      (E se proprio ci tenete a saperlo ci stanno pure paper accademici che difendono il cambio fisso... ...eeehhhh si. E hanno tanta bbbbella teoria dei giuochi e tanta bella otttttttimizzzzzazzzzzione. Il problema non e' che quei paper difendono l'Euro. Il problema e' che quei paper non difendono VOI. E se sta roba non vi entra in testa usciremo dall'Euro per entrare in qualche cosa di peggio.)

      [Ego ipertrofico mode off. Ho provato a commentare a sto blog solo poche volte e ho deciso che mi ritirero' a vita piu' privata. Mi rendo conto solo ora che il professore ha in realta' pazienza di ferro, e spalle molto forti per portare questa croce. Tenga duro professo'! Lei e' una persona davvero incredibile.]

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    8. @a perfect world
      credo che tenormadness81 si complimentasse ironicamente con Bagnai, prima di tutto, ed in secondo luogo mettesse in evidenza una cosa abbastanza banale: che così come la storia, anche la scienza è uno strumento di legittimazione politica. L' ideologia, come cercavo di puntualizzare in un commento al post precedente, è una variabile fondamentale in un sistema politico, al pari del numero dei partiti ed alle loro dinamiche dialettiche, cioè per ideologia s' intende " la spiegazione di un fatto concreto o la progettazione di atti storici attuate mediante il ricorso a teorie: si tratterebbe di idee che si organizzano in sistema per trovare un inveramento storico." cap.1 p. 56
      Gli strumenti econometrici, come una ricerca storica, possono essere usati in malafede o meno, cioè come strumenti di ricerca o strumenti di legittimazione politica. Esiste per questo una comunità scientifica. A questo punto Velo di maya potrebbe darmi una mano, almeno in epistemologia.
      Ancora una volta sono convinto che Pepino sia fuori strada. Non capisco il suo problema (senza polemica).

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    9. tenormadness81,
      i numeri sono come gli accenti: o uno li considera per quel che sono e allora può parlare oppure li confonde con gli apostrofi e farebbe più bella figura a tacere.
      Tutti i post tecnici del prof Bagnai sono comprovati dai fatti al contrario di quei dati volutamente piegati alla logica di chi li pubblica per ingannare che puntualmente vengono smentiti dai fatti.
      Quindi l'unico malato di ideologia e della presunzione di chi pensa sempre di saperla più lunga degli altri (e viene a dare lezzzzzioncine etiche al professore) qui sei tu.

      ps
      e non cercare di fare il simpaticone col romanesco che neppure questo ti riesce bene.

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    10. Ho commesso un errore che puo' costare caro, ho omesso una parte del testo indispensabile e me ne scuso: "Ciò che però ci fa rifiutare la tesi semplicistica per cui l' ideologia sarebbe il perno del sistema politico è che l' esperienza storica mostra come l' ideologia non sia di per sè capace di realizzarsi se non per il tramite di istituzioni che la rendono operante e che la rendono parte della cultura politica...di un soggetto politico...in questo processo l' ideologia cessa di essere pensiero politico e diviene altre cose: da strumento di propaganda a lessico giuridico, da norma sociale a momento di acculturazione (in senso antropologico)." ivi p. 57

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  4. Ho come la sensazione che mi prendero’ delle gran parole dopo questo commento, ma sono molto curioso di capire una cosa. Seguo con molta attenzione i post di Donald (che se non sbaglio e’ Barnard), se non altro perche’ cominciai a seguirlo per le sue inchieste sul conflitto israelo-palestinese, o quelle sulle lobby che hanno messo lo zampino, o anche due, o anche quattro, sul trattato mondiale del commercio. Si e’ sempre battuto per i piu’ deboli e si e’ quasi fatto ammazzare 2 volte per portare a termine le sue inchieste pur sapendo di rovinarsi la carriera. Queste ragioni mi bastano per rispettarlo come giornalista molto di piu’ di tutti i vari travaglioti messi insieme, anche se e’ vero che e’ un personaggio un po’ strano ma dal punto di vista del carattere manco er cavajere nero ce scherza. Detto questo vorrei contestare, o Prof. (vocativo), la sua frase in cui dice che lo stato, secondo la mmt, e’ nemico dei risparmiatori. Ora, non ho seguito troppo attentamente gli americani memmettari in pelligrinaggio sulla riviera romagnola (e spero non mi classifichi tra i “non c’ho capito na mazza, ma secondo me bla bla…”) ma almeno Barnard mi pare sostenga il contrario. Barnard ha sempre detto che lo stato e’ l’unico organo che emettendo moneta puo’ (e secondo lui deve) assicurare redditi e quindi risparmi, e tanto piu’ lo stato spende a deficit tanto piu’ possiamo guadagnare e risparmiare visto che ogni soldo speso si trasforma in un reddito privato. La tassazione invece dovrebbe servire da “termostato” per garantire quella flessibilita’ nell’adottare misure anticicliche e accelerare o frenare l’inflazione. Sul fatto che lo stato debba prima spendere per poter tassare e quindi la tassazione non serve a finanziare lo stato io mi pongo sempre una domanda ragionando per assurdo. Se io domani mattina mi proclamo re e fondo un mio stato (il sogno di una vita) e decido di adottare moneta fiat, non dovrei obbligatoriamente stampare a debito la mia nuova moneta per poter finanziare qualsiasi lavoro all’interno del mio stato e tassare solo in un secondo momento? Ho innumerevoli domande poi sull’economia di uno stato fondato da zero, magari le porro’ un’altra volta, ora mi limito alla difesa di Donald con il mio archibugio caricato a sale grosso, da bravo Zio Paperone. (mi scuso per gli apostrofi come accento ma ste cavolo de tastiere Yankee me fanno usci’ de testa)

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  5. Joan Violet Robinson: se era brava quanto bella...da rimanerne incantati.

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    1. Non era quella signora che, insieme con Chamberlin, si mise a parlare di concorrenza imperfetta e neutralizzò, di fatto, la (potenziale) bomba di Berle&Means :“The modern corporation and private property” (1932)?

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  6. io non avevo dubbi in quanto uno dei pochi ricordi dei miei studi in macroeconomia è che la curva di Phillips si sposta lungo gli anni e quindi va analzzata per medi periodi.
    Esiste un gran bel grafico nel mio Abel-Bernanke (fine anni 90, versione in italiano ovviamente! ahaha) in cui si vedono tante curve di Phillips.
    insomma, a me questa cosa sembrava assodata.

    PS: sempre perché sono scettico.. mi pare che i dati spesso sono "fasulli" (non quelli presi dal prof ma quelli dati dalle varie agenzie) per cui non credo ad esempio che abbiamo una disoccupazione del 12-13%..
    e strutturalmente mi pare che siamo settati per inflazioni al 5-6% (PS: oh, questo perché l'altro ente che misurava l'inflazione ci diceva che questa è stata del 5% dopo l'entrata dell'euro.. ihihihih)

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  7. Qualcuno mi può spiegare in breve come si cura l italia con la emmemmeti? Ho letto il libro del giornalista, ma non mi pare venga spiegato...

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  8. Professore ho studiato un pò i modelli giuslavoristi danese, norvegese e svedese.
    Il modello danese conferisce ai disoccupati circa 1800 euro di reddito minimo garantito (RMG e non si chiama "de cittadinanza" visto che è solo per disoccupati). Il sistema è workfare e cioè devi accettare un lavoro coerente con le tue specializzazioni altrimenti perdi il reddito.
    La Norvegia conferisce 500 euro senza obblighi.
    La Svezia 375 senza obblighi.
    I dati sono più o meno quelli. Nelle cause di reintegro sul lavoro la relazione è inversa rispetto all'ammontare del reddito minimo.
    In Svezia prevale il reintegro in modo schiacciante ma ha basso RMG, in Norvegia la situazione è simile ma con un pò meno reintegri, in Danimarca prevale il licenziamento anche senza giusta causa ma con ben 12 mensilità dal datore come buonuscita.
    Nei paesi con sindacati più grossi (la Svezia) si ritrovano tutelati più tutelati ma anche non tutelati e più disoccupati 8.2%. La disoccupazione minore è in Norvegia 3.3% (forse anche perchè hanno il petrolio ma è una mia ipotesi). In Danimarca è al 6.6%.
    Io considero la Danimarca un paese a ispirazione keynesiana senza voler essere keynesiano col culo degli altri.
    Che ne pensa lei del modello danese come lo definerebbe neoliberista, keynesiano, post keynesiano, democristiano :D e se fosse ministro dell'economia o del lavoro verso quale modello vorrebbe andare tra questi?

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    1. Ho amici che lavorano in tutte e tre le nazioni. Qualche decina d'anni fa avevano una base produttiva abbastanza diversificata, che con i trattati di libero scambio han dovuto progressivamente specializzare.
      Norvegia in estrazione e lavorazione di petrolio e metalli, e molto marginalmente pesce.
      Danimarca in agricoltura, farmaceutica e commercio marittimo.
      Svezia in elettronica e industria automobilistica, con una punta di subfornitura farmaceutica alla Danimarca.

      I grafici di qualche anno fa mostravano una situazione un po' diversa.

      In tutte e tre le nazioni il sistema di welfare, storicamente orientato a fornire copertura a famiglie e lavoratori ciclici e stagionali, riceve pressioni dal mutamento della politica produttiva. Ad esempio, da dieci anni i giornali norvegesi e danesi stanno martellando sull'uso criminoso (cit.) dei sussidi, in una chiara ottica di riduzione del peso dello stato nel welfare. I sindacati incoraggiano la deflazione interna (pari salario con piu' ore lavorate).

      In Norvegia le diversita' regionali e le distanze (almeno 8 e passa ore di macchina/treno tra le citta' principali) ha fatto si' che il sussidio di disoccupazione sia in proporzione al tuo recente stipendio. Una volta era di medio periodo, ora e' limitato a due anni (il petrolio sta finendo in fretta). Se non hai lavorato nei due anni precedenti il sussidio e' un quarto del salario medio, e dato l'alto costo della vita i risparmi finiscono in fretta.
      Danimarca e Svezia hanno meno barriere geografiche, e si sono orientate su un quota fissa (uno stipendio da apprendista), che non riflette il costo della vita nelle citta' principali.

      Film gia' visto, che mi ricorda tanto l'Italia degli anni '90: nelle tre nazioni si vede una progressiva deindustrializzazione, con piu' disoccupati di lungo periodo e un progressivo aumento di lavori temporanei e atipici. Le pensioni stanno passando dal sistema retributivo al sistema contributivo, con spinta a fondi pensione privati.

      I mutamenti strutturali vengono avvallati da chi ha il grembiule rosso, previa sincronizzazione nei media tipo "il momento non e' semplice e ci vogliono sacrifici, e comunque fuori e' peggio".

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    2. Ottime osservazioni/integrazioni.Sei stato molto utile e gentile.
      Grazie!!

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    3. ps:
      Sui dati del RMG in Norvegia io ho altre fonti che si confermano tra loro ma so bene che la vita è carissima e non solo a Oslo.
      Comunque ciò che mi par di capire è che "stanno arrivando pure là".(Intendo in quei paesi)
      Mi pare che comunque la si giri o piena occupazione o reddito minimo che si voglia fare ma alla fine se decidono di massacrare un paese i liberisti prima o poi ci riescono.
      L'ingegneria sociale sa tutto e tutto prevede.
      Per quanto riguarda il nostro paese infatti non c'è uscita. Il guaio è che le forze politiche che attendono il crollo di un sistema per sostituirsi ad esso, spesso hanno gli stessi mandanti del sistema uscente, le stesse politiche schiaviste e mirano a mantenere il giogo finanziario.
      Quando perdi la sovranità monetaria e non hai i diritti che meriti (RMG o piena occupazione intendo) recuperarli è impossibile. (Ci vorrebbe un nuovo Federico Caffè che va a TG Com che formasse un partito e si desse da fare in prima persona incazzandosi meno e magari cooperando con Borghi, Brancaccio, Rinaldi, Galloni, Fraioli ecc :D )
      (Addio mondo crudele adesso verrò bannato)

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    4. Il motivo per il quale non faccio un partito è che l'Italia è piena di cretini che non capiscono la differenza fra un cavallo e mille asini, fra un economista e uno de passaggio, fra un amico e un traditore. Il tuo intervento è la migliore conferma della mia volontà di non fare un partito. Se lo fai tu, comunque, non ti voto. A me piacciono quelli disonesti ma intelligenti.

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    5. Secondo Eurostat, l'indice di Gini della Danimarca è passato da 24,8 nel 2003 a 28,1 nel 2012; in Norvegia da 26,6 (2003) a 22,6 (2012); in Svezia da 23,0 (2002) a 24,8 (2012).
      Secondo te, qual è il sistema più efficiente?

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  9. Buongiorno.

    Potremmo definire il Lavoro con una nuova formula, un poco da supermercato, ma molto adeguata. Cioè, prendi tre e paghi uno. Ovvero...

    ...nonno/a: pensione, in genere modesta.

    ...figlio/a: disoccupato/a, o salario ancora più basso della modesta pensione.

    ...nipote: disoccupato/a, o salario che fa sembrare quello di mamma e/o papà, se c'è, da mille e una notte, e la pensione dei nonni un patrimonio alla Carnegie.

    In sintesi, il Capitale paga 1 e prende 3 (o 4 o 5 o 6, dipende dalla 'congiuntura', e dal grado di tecnicità dei governi). Meglio che al supermercato. I lavoratori considerati più o meno come pomodori salsicce o scatole di tonno.

    Direi un notevole avanzamento, per i pomodori le salsicce e, soprattutto, le scatole di tonno. Politically correct merceologico.

    Come farne a meno?

    Saluti.

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  10. Ed ecco un bellissimo calcio in bocca di Bagnai a quelli che si riempiono la bocca di riforme strutturali... in guerra come siamo, bene cosi'.

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  11. Questa "Quindi er pensionatuccio renziano che protegge il suo gruzzoletto (non si sa bene da cosa) fa proprio bene: quei soldi guadagnati col sudore della fronte (per lo più altrui) gli serviranno per mantenere suo figlio, che grazie alla deflazione resterà disoccupato fino a 65 anni" fa il paio col datore di lavoro che vuole pagare poco i suoi dipendenti ma contemporaneamente chiede che quelli degli altri comprino i suoi prodotti.
    Eterna lotta tra micro e macro economia.

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  12. gli emmeemmettari sono un po' troppo talebani dell' 'economia loro' e Donald nella sua onestà penso che abbia una grossa idiosincrasia verso la matematica è come una feluca e va verso la luce del sole non accorgendosi che è un cero davanti ad una lapide .
    Mi viene in mente uno strano personaggio con le cravatte di seta il golfino in cachemire e un'erre francese che diceva di tagliare le ore di lavoro per tutti , ma lavorare tutti e tutti giù a ride , molto meglio lavorare in pochi , ma dover poi mantenere altri che li vuoi mica lasciar morire di fame ? però fanno molto curva di phillips , del resto più robotizzi il lavoro e meno persone hai bisogno che dopo aver abbassato il costo di produzione robotizzando ,ma facendo lavorare meno persone , per continuare ad avere gli stessi guadagni il capitale ha pensato che bisogna abbassare il costo del lavoro , secondo me hanno visto un po troppi films sugli zoombie e in ogni caso l'accumulo di ricchezza oltre una certa quantità non dovrebbe più essere branca dell'economia ma della psicologia . Ora l'unica soluzione che prospettano è la guerra ... ed è quello che stanno cercando in tutti i modi di provocare , qualche milioncino di morticini , per ogni morto vuol dire ricchezza ridistribuita ecc... ecc... , ed il ciclo riparte .

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  13. Brutto momento quello in cui due variabili sono troppe e tre sono poche.
    Povero Donald ...


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  14. Se l'aumento della disoccupazione ha come effetto la diminuzione dei salari e una bassa inflazione o addirittura la deflazione. La piena occupazione (con salari adeguati, come da Costituzione, a mantenere sé e l'eventuale propria famiglia) ha come condizione necessaria la possibilità di uno Stato di spendere per la piena occupazione, e quindi richiede la sovranità monetaria: Sovranità Monetaria==>Piena Occupazione==>Inflazione. Ovviamente, non basta stampar soldi, è fondamentale anche saperli investire bene. E' corretto ???

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  15. Professore, Lei dice che “la disoccupazione resta l'unico strumento a disposizione dei rentier, dei piccoli Gollum piddini, per controllare l'inflazione.”
    Nel post precedente ha detto che “Per recuperare competitività bisognava distruggere domanda, creare disoccupazione: solo quella abbassa i salari al di sotto di quelli dei nostri concorrenti, pardon: fratelli nell'euro! Dopo lo hanno confessato. (riferito a Monti)”
    Il grafico che riporta le serie storiche di inflazione salariale, disoccupazione, e flessibilità del mercato del lavoro in Italia, dal 1965 al 2013, infatti, mostra che durante il governo Monti (2012) la disoccupazione è aumentata. Si vede meno meno, però, se i salari sono calati.
    Ma quello che ci chiediamo, noi disoccupati, è: fino a quando dovrà aumentare la disoccupazione ?
    Per quanti anni ancora ?

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    1. Leggo proprio ora sul Corriere che "A livello europeo il tasso più basso di disoccupazione si è registrato in Austria (5%), Germania (5,1%) e Malta (5,6%), il più alto invece in Grecia (27,3% ad aprile 2014) e Spagna (24,5%). In Italia è a 12,3%, in calo sul mese precedente (12,6%) ma in aumento rispetto a un anno fa (12,2%). Su base annuale, i cali maggiori si registrano in Portogallo (da 16,6% a 14,1%), Ungheria (da 10,4% a 8,1%), Irlanda (da 13,6% a 11,8%) e Spagna (da 26,2% a 24,5%). Mentre gli aumenti maggiori in Finlandia (da 8,1% a 8,8%), Lussemburgo (da 5,9% a 6,3%) e Austria (da 4,7% a 5%). Per quanto riguarda la disoccupazione giovanile, nella Ue-28 a giugno il tasso scende al 22% (dal 23,6% di giugno), e nella zona euro a 23,1% (dal 23,9%)."
      http://www.corriere.it/economia/14_luglio_31/istat-disoccupazione-scende-123percento-lieve-calo-rispetto-maggio-282d15ca-188b-11e4-a9c7-0cafd9bb784c.shtml

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    2. Ci sarebbe da dire però che la disoccupazione reale, ossia comprensiva anche degli "scoraggiati" e dei “Neet” (Not engaged in education, employment or training), è decisamente molto più alta. E non solo nei paesi che soffrono di più, ma anche in quelli virtuosi.
      http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2013-10-22/bernanke-droga--mercati--base-tasso-disoccupazione-ma-nessuno-tiene-conto--scoraggiati-e-zombie-163825.shtml
      E non entro nel merito di quegli occupati un tantino flessibili che lavorano spesso ad intermittenza, con periodi magari brevi di inattività tra un contratto ed un altro (tutti contratti di piccola entità, magari dallo stesso committente - o datore - visto che oggi sono considerati degli autonomi... anche se un pò atipici), ossia i sottoccupati, categoria decisamente importante in un mercato del lavoro precarizzato.
      Qui di seguito il link al grafico riassuntivo dei vari modi per calcolare il tasso di disoccupazione, pubblicato nell'articolo del Sole24Ore che ho linkato più sopra.
      http://i.res.24o.it/images2010/Editrice/ILSOLE24ORE/ILSOLE24ORE/Online/Immagini/_Oggetti_Correlati/Grafici_Statici/Finanza%20e%20Mercati/2013/10/tasso-disoccupazione-metodo-calcolo-800-498.jpg
      Mi ponevo una domanda. Quanto i differenti modi di calcolare la disoccupazione (che in un mercato del lavoro precario evita di calcolarne gli effetti nefasti) può incidere o influenzare le analisi che molti economisti fanno? In particolare il professor Bagnai ha dimostrato che grazie alle riforme sulla flessibilità del lavoro la curva di Phillips si sposta a sinistra. Ma non potrebbe esserci anche, almeno in minima parte, un effetto dovuto ai differenti metodi di calcolo della disoccupazione? Me lo chiedo perchè quello della precarietà è un tema che mi sta molto a cuore.

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    3. Anche a me, Simone, sta a cuore il tema della (soprattutto mia) precarietà.
      Tuttavia credo che in Italia il tasso di disoccupazione venga calcolato diversamente che negli Usa.
      Se un soggetto è iscritto nelle liste di disoccupazione, e non cerca lavoro da mesi, è comunque ritenuto disoccupato.

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  16. Perdonate....
    Cos'è particolarmente basso in questo periodo? l'inflazione (tant'è vero che si parla di deflazione)
    Cos'è particolarmente alto in questo periodo? la disoccupazione.

    sono ingegnere e quindi per definizione non capisco nulla di economia... però so individuare le relazioni causa-effetto cosa che distingue, secondo Schopenhauer, l'intelligenza intuitiva dalla semplice razionalità.
    La relazione causa-effetto mi sembra evidente, i dati stanno là, il povero Fischer lo prendevano per il culo già un secolo fa....
    Ich verstehe nicht warum wir uber das Problem der Verhaltnis zwishen inflation und Arbeitslosigkeit unsere Zeit verpassen wollen

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  17. L'unica cosa che mancherebbe è la definizione di FLEX, per completare il quadro dal punto di vista ... "algebrico" ...

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  18. A me avevano insegnato che le tasse servivano a redistribuire il reddito; poi su come avvenisse la distribuzione si poteva anche discutere... comunque, mi rendo conto che siamo fortunati: se le tasse servono a controllare l'inflazione allora possiamo abolire la BCE

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  19. E nel mentre accadeva quel che magistralmente è scritto nel post si precarizzava a tutto spiano,si licenziava (o meglio...non si rinnovavano i contratti),si diminuivano le ore lavorative ecc...succedeva questo.
    Ma per togliermi un sassolino dalla scarpa schizzai a sorpresa dal grande capo e lo trattai come meritava al minuto 2.17.
    Le conseguenze non arrivarono in tempo...sloggiai in un posto migliore.
    Che divenne,anno dopo anno,come il primo.

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  20. Prof...mi consente una domanda semplice semplice...

    Perché stanno facendo tutto questo...sono padroni del mondo, non credo che l'obbiettivo sia quello di fare profitti, hanno già tanti e tanti soldi...

    Perché!!!

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    1. Bella domanda. L'unica spiegazione che mi viene è che intanto accumulano ricchezza, poi quando il giocattolo si rompe (se ho un contratto da pezzente, come ora, non compro e quindi l'economia frena con danni anche per loro) si può tornare alle monete nazionali e far ripartire l'economia.
      Nel frattempo avrebbero messo mano nelle varie aziende statali entrando in partecipazione, comprato municipalizzate che offrono servizi essenziali costrette a privatizzare (sfoltite di personale); acquisto in saldo di belle aziende che se riparte l'economia possono dire la loro, si ritroverebbero lavoratori straziati con meno diritti. Questi sono i motivi che mi vengono in mente.

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    2. NO , preferiscono fare una guerra e danni e morti

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    3. No, non c'e' un solo Mr. Rich. Gli Happy Few si cozzano costantemente fra loro, chi si distrae dal saccheggio verra' saccheggiato a sua volta!

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    4. Cmq al di la' di che cazzo gli ha detto il cervello a 'sti geni che c'hanno infilato in questo inferno, volevo ringraziare il professore dato che qua dentro ormai è l'unico posto dove NON MI SENTO SOLO.
      Non so se ci terremo l'euro ancora diversi anni, di sicuro è stata un ottima idea aprire il blog per avere "amici" con cui c'e' feeling.
      P.s. (sono alex lucky, ho avuto problemi con lo smartphone ed eccomi con il nome di battesimo).

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    5. Il senso della mia domanda era un altro, perché sfasciare la vita degli altri quando hai già tanto!

      Ragazzi io di economia non capisco una mazza...posso solo dire che il vino che ci offre il Prof ha un sapore buonissimo e la mia mente ne ha bisogno! E cmq anch'io qui mi sento meno solo!

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    6. @Antonio Giuffrida
      "La risposta è: il Partito ricerca il potere in quanto tale. Il bene altrui non ci interessa, è solo il potere che ci sta a cuore. Non desideriamo la ricchezza, il lusso, la felicità, una lunga vita. Vogliamo il potere, il potere allo stato puro. <...> "Winston, come fa un uomo a esercitare il potere su un altro uomo?"
      Winston rifletté. "Facendolo soffrire" rispose.
      "Bravo, facendolo soffrire. Non è sufficiente che ci obbedisca. Se non soffre, come facciamo a essere certi che non obbedisca alla nostra volontà ma alla sua? Potere vuol dire infliggere dolore e umiliazione. Potere vuol dire ridurre la mente altrui in pezzi che poi rimetteremo insieme nella forma che più ci parrà opportuna. Cominci a intravedere, adesso, il mondo che stiamo costruendo? È esattamente l'opposto di quelle stupide utopie edonistiche immaginate dai riformatori del passato. Un mondo fatto di paura e tradimento, di tormento, un mondo nel quale si calpesta e si viene calpestati, un mondo che nel perfezionarsi diventerà sempre più spietato. Progresso, nel nostro mondo, significherà progredire verso una sofferenza più grande. Le antiche civiltà sostenevano di essere fondate sull'amore o sulla giustizia, la nostra è fondata sull'odio. Le sole emozioni destinate a esistere nel nostro mondo saranno la paura, la collera, l'esaltazione e l'umiliazione. Tutto il resto lo distruggeremo. <...> Non ci sarà differenza tra il bello e il brutto. Non ci sarà curiosità, né la gioia del processo vitale. <...> Ma ci sarà sempre, sempre - e tu non lo dimenticare, Winston - l'ebbrezza del potere, che diventerà sempre più forte e più raffinata. Ci sarà sempre, in ogni momento, il fremito della vittoria, la sensazione di calpestare un nemico inerme. Se vuoi un'immagine del futuro, pensa a uno stivale che calpesti un volto umano in eterno".
      G. Orwell, 1984

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    7. Complimenti @Nat.

      Tutti si legge gli stessi libri, ma...

      Orwell non solo ha compreso con sublime finezza il suo Secolo: ha saputo divulgare, rendere viralmente "pop" la sua analisi e sintetizzarla in uno straziante ammonimento ai posteri.

      Ne "L' ultimo Uomo d'Europa" ci sono tutti gli strumenti ermeneutici necessari per chiarire i pricipali meccanismi socio-antropologici in cui TINAmente si sta edificando il nuovo ordine politico-economico e la relativa struttura dei rapporti di classe,

      Saremo in grado di cambiare il finale? Saremo in grado di esercitare il dono primigenio della possibilità di scelta?

      C'è un Senso nell'esistenza per cui l'entropica "ebbrezza del potere" verrà di nuovo curata?

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    8. Perché?

      Lo spiega molto bene l'immortale massima di Lord Anthony Graviens da Cambridge:

      "Cumannari è megghiu ca futtiri"

      Sociopatia, noia, disprezzo, paura, avidità, senso di vuoto, conformismo, proiezione sul subalterno del proprio senso di inadeguatezza, demiurgia compulsiva. Perché la categoria del gran pezzo di stronzo è fin troppo sottovalutata?

      Ma santa innocenza! Di questi tempi la vittima che ricerca nell'agire del proprio carnefice il movente psicologico mi fa davvero incazzare... Per chi è cattolico e ha bisogno di una spintarella di incoraggiamento chiedesse al suo papa argentino: non mi pare abbia invitato a porgere l'altra chiappa né a indugiare sulle ragioni di chi affama il prossimo suo...

      Sarà un caso se nell'analisi costi-benefici di una importante multinazionale straniera (non trovo più il link su Wikileaks) si indicava nella pressoché totale assenza di conflittualità sociale il punto di forza a giustificazione dell'investimento in Italia? Sarà il fattore demografico, sarà un certo fatalismo popolare da stato di necessità, sarà l'autorazzismo degli sconfitti (frame depressivo indotto h24 dai media del regime), non saprei, ma abbiamo una paura fottuta dell'inevitabile conflitto. Ammettiamolo, è questa la vera vittoria dei paternalisti.

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  21. Salve Prof,
    lungi dal voler mettere in dubbio il suo verbo, solo al fine di capire a pieno, ho un dubbio sul grafico: dice che la curva di Philips si sposta a sinistra ma a me sembrava più che altro un cambio di inclinazione.

    Grazie

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    1. Scusa, qui non c'è nessun verbo, solo che con l'"amesembrismo" non andiamo da nessuna cazzo di parte. Mi spieghi con parole tue perché due rette evidentemente parallele dovrebbero avere pendenze diverse sul piano 0xy? Dopo di che potrò confutare la tua argomentazione all'interno del tuo sistema concettuale. Nel mio, se due rette sono parallele hanno la stessa pendenza, ma io sono euclideo, per solidarietà col compagno Tsipras.

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    2. ... che poi, se avessero differente pendenza, le due rette si incontrerebbero in un punto, e quindi lo 'spostamento' avverrebbe solo da una parte, e non dall'altra... cioè un immenso Cosa Cazzo Significa?

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    3. Mi riferivo ai due grafici inseriti da lei (Curva di Philips 1998-2013 e Curva di Philips 1970-1997)

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    4. Ok, ora ha un senso. Vado a TgCom24. Prova a rileggere. Se non è chiaro lo rispiego stasera (l'ultimo grafica dovrebbe far capire cosa è successo).

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    5. Niente, il passaggio dai due grafici che indicavo prima (Curva di Philips 1998-2013 e Curva di Philips 1970-1997) all'ultimo grafico (Curva di Philips prima e dopo le riforme) che mostra uno spostamento a sinistra della curva, non l'ho capito.

      Eppure la dinamica della Curva di Philips e l'influenza della variabile Flex mi appare lapalissiano.

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  22. Bellissimo post. Decenni di lotta spietata all'inflazione e ci ritroviamo con il lavoro sbriciolato. Poteva andare diversamente?

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  23. Grazie prof. per tutto il suo impegno profuso in questi anni.
    Vedo che dopo i Prodi, Amato e Monti anche Renzi fa outing

    Renzi attacca così: «Con le riforme non si mangia? Frase che condivido, anche se solo fino a un certo punto. Perché le riforme strutturali sono la principale richiesta di tutti gli operatori economici mondiali. Fatte le riforme, l’Italia sarà molto più appetibile».

    http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/matteo-matto-nell-angolo-renzi-si-accorge-aver-buttato-mesi-82022.htm

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    1. Più appetibile...alla faccia dell'outing!
      Sintetizzando:con le riforme non si mangia,si viene mangiati.

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    2. Comunque, non ho il link dell'articolo trovato sul Corriere (non me lo sono conservato), ma già qualcuno gli sta facendo le pulci per non aver fatto le Vere Riforme(TM), quelle spagnole per intenderci.

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  24. In sostanza, se si vuole ottenere "moderazione salariale" (=pagare meno i lavoratori), è possibile ricorrere a diversi mezzi, tutti in grado di agire sulla "contrattualità" (ossia, sulla perdita della stessa): il più "usato", la disoccupazione, il più "moderno", la flessibilità, ma non mi meraviglierei tornassero in auge le "corvée", la soccida, ecc.
    Oggi, dopo che "rentier" e neo-schiavisti hanno portato dalla propria parte sinistra e sindacati, ecco che ne abbiamo in azione contemporaneamente due: disoccupazione e flessibilità; dentro questa tenaglia è già possibile portare i salari a 400 euro senza grandi scossoni. Considerata la SStoria, e il noto detto che "la fame vien mangiando", da qui ai campi di concentramento, in cui si paga per lavorare, perché il lavoro rende liberi, il passo è breve ...

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    1. Ho appena finito di discutere animatamente con un collega - ingegnnnere, va da se' - che neanche in un campo rieducativo alla pol pot capirebbe la propria posizione nei conflitti di classe. Sono convinti di far parte della multinazionale, che se prima avevamo delle scrivanie belle grandi ed adesso 150 cm su banconi da sei sia "si usa cosi' adesso", e non un patetico risparmio di spazio a scapito della qualita' (e implicita considerazione) del mio lavoro/vita. Cos'e', la rassegnazione cattolica? Il pensare acriticamente che il superiore agisca sempre per l'interesse del subordinato? E' solo riuscito ad elaborare un "e' che tutti stanno riducendo i costi". Appunto.

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    2. Ciao Perfect,
      capisco bene, e, non me ne volere, ma ho fatto architettura (una vita fa) e quindi non sono la persona più titolata a difendere la categoria "ingegnnneri". L'idea che mi feci a suo tempo, al di là dell'ovvio diverso curriculum studiorum, era che la formazione a Ingegneria puntasse molto (ma molto) a produrre "uomini tutti d'un pezzo", convinti innanzitutto di essere "ufficiali/dirigenti" di un esercito produttivo, in un'ottica in effetti molto "militare". Ogni volta non solo che parlavo con amici laureandi ma frequentavo quella facoltà, non potevo non avvertire forte l'odore di caserma e di inquadramento psicologico, nell'ottica ovviamente di formazione dei "quadri" di comando. Questo mi sembrava oltremodo limitante oltre che peculiarmente italiota (e pensavo a come una simile realtà avesse potuto produrre un Nervi; mistero!). Mi pare però spieghi molto bene come mai sommamente in questa categoria si annidi tanta cieca "certezza". Non che ad architettura mancassero i fenomeni e quelli che si credevano veramente demiurghi divini, coltivati e coccolati nell'idea di avere sempre la soluzione sulla punta della matita (dal cucchiaio alla città; ma dimmi te che slogan ...). E' che si è ragazzi, si pagano le tasse, si passa un po' di tempo sui libri, e subito ci si sente speciali ...
      Un abbraccio

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  25. A Philips, che ha detto il dottore?
    Ha detto che devo morì!
    Ma da quale dottore sei andato?
    Da quello de sinistra. A dire il vero una dottoressa. Pure bona.

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  26. Credo che Rug non si riferisca alla sua figura “Curve di Phillips prima e dopo
    le riforme” - dove evidentemente la linea blu e quella rossa sono parallele -
    ma piuttosto alla figura della Kelton e alle sue prime tre figure.
    In effetti il plot della Kelton non sembra mostrare uno slittamento a inclinazione fissa
    ma un appiattimento e lo stesso vale per i suoi grafici “Curva di Phillips (1998-2013)”
    e “Curva di Phillips (1970-1997)”. I coefficienti angolari sono —0.10 e -2.44, le rette
    sono tutt’altro che parallele e, a prima vista, uno spostamento dell’intercetta non sembra adeguato
    a riprodurre la dinamica osservata, a meno che non entrino in gioco degli effetti di selezione o
    questioni fuori dal nostro limitato orizzonte.

    Si chiede per capire dal basso della nostra ignoranza :)

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    1. Ok, siccome tutto il post è stato scritto per spiegare questa cosa, e evidentemente non ci sono riuscito (eppure ho anche usato il colore giallo per spiegare cos'era successo), o qualcuno lo spiega entro le 18 o chiudo il blog. Ora vado a TgCom24. Vediamo se almeno uno ha capito. Sapete che per me il numero legale è uno.

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    2. @Zanzi Barra

      Nel post il Prof. tra l'altro scrive:
      «quindi i punti gialli non sarebbero punti lungo una curva piatta, ma punti tracciati da una curva che si stava progressivamente spostando a sinistra».

      Fossi in te rifletterei sull'avverbio progressivamente...

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    3. Vorrei tentare di rispondere:
      I punti gialli del grafico della Kelton sono punti della stessa curva di Philips che sta progressivamente traslando verso sinistra e in basso, per tale motivo ti sembra una curva piatta. La cosa diviene più immediata da capire se guardi l'ultimo grafico del post in cui si può notare che la freccia che ha disegnato il prof è proprio gialla (forse l'ha fatto per darci un indizio). Ebbene i punti gialli coprono proprio la freccia disegnata sul grafico.
      Vediamo di essere ancora più chiari (mi ricorda tanto il principio di inerzia):
      Considera una pallina che scende su un piano inclinato fisso, un osservatore esterno nota che la pallina sta scendendo. Adesso considera però che il piano inclinato si stia spostando verso sinistra e verso il basso, un osservatore esterno a questo punto nota che la pallina è come se si stesse spostando su una curva piatta verso sinistra. Ebbene la curva di Philips è il piano inclinato e la pallina indica l’avanzamento della inflazione in funzione della disoccupazione (l’avanzamento verso destra della pallina è annullata dall’avanzamento verso sinistra del piano inclinato)
      Sarebbe più chiaro con una animazione.

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    4. Penso che la Kelton non abbia calcolato la "flessibilità" (le cosiddette riforme strutturali) quindi o non è una brava economista o è "de sinistra" e lo ha fatto apposta.

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    5. @Silvia

      La prima cosa la escluderei. Probabilmente il problema è che io non capisco l'inglese. Da come l'ho letto io quel tweet mi pareva usasse un grafico del Fmi per avvalorare la scomparsa della curva di Phillips, il che mi ha un po' turbato. Però avrò capito male. Qualcuno mi aiuta?

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    6. 1) L'equazione della regressione è DLOGUWB = C + a UNR + b FLEX, con i risultati trovati DLOGUWB = 0,06 - 2 UNR + 0,07 FLEX.

      Qui c'è un piccolo inghippo perché FLEX cresce quando aumenta la rigidità, diminuisce quando aumenta la flessibilità. Per questo motivo il segno del parametro è positivo e non negativo.

      Comunque, come si vede dal grafico FLEX diminuisce (cioè la flessibilità aumenta) nel tempo.

      Quindi non si tratta di UNA curva di Phillips DLOGUWB = C + a UNR ma di più curve di Phillips DLOGUWB = (C + b FLEX) + a UNR.

      Per ogni livello di flessibilità c'è una curva di Phillips diversa, il variare del livello della flessibilità "modifica" la costante: cioè l'intercetta.

      Quando l'intercetta (UNR tale che DLOGUWB =0) diminuisce la curva si sposta a sinistra.

      Se nel tempo la flessibilità cambia, rilevo quindi punti che non sono sulla stessa curva di Phillips ma su curve diverse: in questo caso su curve progressivamente spostate più a sinistra.

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    7. 2) Mi sembra che il grafico sia tratto da una pubblicazione della BCE, o dell'OECD o dell'FMI o di qualcun altro che ne condivide la metafisica: sull'asse delle ascisse c'è la cyclical unemployment che è un dato non osservabile, quindi metafisico.

      Da come l'ho letto io, il tweet dice che la curva di Phillips sembra essere scomparsa, almeno nel periodo indicato: "The Phillips Curve hasn't really been a thing for a while. ".

      Quello che ho anche letto nel tweet, anche se non c'è scritto, è che se la curva di Phillips fosse effettivamente scomparsa, e se quindi una riduzione della disoccupazione non dovesse generare un incremento dell'inflazione, allora non ci sarebbe più un motivo (il motivo), o una scusa, per non attuare delle politiche pubbliche dirette a ridurre la disoccupazione.

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    8. Gnente da fa, sei ingengniere e tale resti! Ecco, se la Kelton pensasse questo allora avremmo un problema, perché se la situazione è quella dell'ultimo grafico, e quindi la retta interpolata in giallo dalla Kelton è tale solo perché traccia qualcosa di simile lo spostamento della curva dalla mia ipotetica curva blu alla mia ipotetica curva rossa per una data ordinata (quello che è successo in Italia dal 1998 al 2013, per capirci, e che nell'ultimo grafico ho evidenziato con la freccia gialla), allora politiche attive di domanda, diminuendo la disoccupazione, ti farebbero risalire lungo la curva rossa verso livelli di inflazione più alta, A MENO CHE tu non voglia applicare ulteriore flessibilità, "tirando giù" la curva a mano a mano che ti "arrampichi" lungo di essa. Se vuoi posso dirtelo con le derivate, o con un fiore, ma non so se agli altri sarebbe utile. Tu mi hai capito?

      Dopo di che, se il discorso è un discorso politico fatto per tranquillizzare i gianninizzeri, per carità, va bene tutto. Il mio personale punto di vista è che un'inflazione intorno al 4%-5% non sarebbe un particolare problema, ad esempio, quindi figurati...

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    9. Sembra proprio che lei abbia capito bene, ma perché non lo chiede direttamente alla Kelton su Twitter?
      Scusi, sono una mente semplice.

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    10. Ma come!

      Io volevo litigare su tutta la premessa e mi becco dell'ingengniere per aver cercato di mostrare di aver capito (spero) il post per evitare la chiusura del blog? :)

      Non avevo aggiunto la conclusione (l'avevo scritta ma l'ho cancellata) perché mi sembrava evidente: se i punti appartengono a curve di Phillips diverse, unendoli (la linea gialla del grafico riportato dalla Kelton) non si ha una curva di Phillips.

      A parità di flessibilità la relazione indicata dalla curva di Phillips esiste, non è scomparsa.

      Ho capito, mi sembrava di averlo scritto... :)

      Aggiungo che ho letto qualcosasulla scomparsa della curva di Phillips e non mi pare che qualcuno abbia fatto questa osservazione.

      Non so cosa pensi la Kelton, dal tweet sembra unaware, ma lei sta negli States...

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    11. Non vedo quale sia il problema dell'inflazione che cresce. Che l'inflazione debba aumentare lo ammette anche la Yellen e persino Draghi (che non possa fare niente, è un altro discorso).
      Il vero problema è che, grazie alle riforme strutturali, anche buttassero davvero i soldi dagli elicotteri, questi sarebbero calamitati dai profitti e la domanda comunque non crescerebbe.

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  27. https://www.youtube.com/watch?v=cT0f__Yd0OI&index=5&list=PLAYrhTytnHrYGTsyjOQM6_lDTlDOEDeZv min 26 cosa pensa W.Mosler in merito all'argomento..

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  28. Complimenti. Non posso dire altro da insegnante che ha sempre desiderato, ma mai realizzato, una tale capacità dimostrativa essenziale (cioè al di là del bruto dato tecnico per i più insormontabile). Oggi non basterebbe nemmeno il solito bacio in fronte. Per questo solo: Complimenti

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  29. Provo a trarre una sintesi sulla curva di Phillips traslata a sinistra: il grafico riporta 2 curve di Phillips, entrambe riferite al periodo che va dal 1970 al 2013.
    Ma nella prima, quella più a destra, ci sono comprese solo 2 variabili: C, il tasso di disoccupazione e UNR, il tasso di crescita dei salari.
    Nella seconda, invece, quella spostata a sinistra e relativa allo stesso intervallo temporale, ci sono comprese 3 variabili: C, il tasso di disoccupazione e UNR, il tasso di crescita dei salari e FLEX, il tasso di crescita della flessibilità del lavoro.
    A dimostrazione che, con le riforme del lavoro che hanno introdotto la flessibilità a fine anni '90, a parità di tasso di crescita dei salari si è ridotto il livello di disoccupazione.

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  30. "Mmmmh... Qui i conti non tornano. Non è che Stefaniuccia sta facendo lo stesso giochino che nel 1976 fece Robertino (Lucas)? Quale gioco? Quello di esaminare su un grafico a due dimensioni una relazione ad almeno tre dimensioni."

    Ecco, io povero informatico 'gnurante in materia economica riesco a rimanere sorpreso vedendo tre grafici in due dimensioni col sospetto che in realtà si siano dimenticati di un'altra variabile, e gente 'sperta non ci arriva? Si, la conoscenza, anche se minima, se ben fondata, ha la sua utilità.

    La successiva domanda che mi sono posto prima di proseguire nella lettura è stata: ma quale sarà mai questa variabile misteriosa? Ok, meglio proseguire, visto che mi manca qualcosa...

    ..Ok, la variabile viene fuori. E azzardo una "pensata", sempre da povero informatico 'gnurante in materia: che si debba parlare della minore propensione a cercare lavori più renumerativi, ovvero la maggiore disponibilità ad accettare quello che passa il convento. E del resto di esseri umani si parla, mica di robot. Mi chiedo anche se in un confronto con inflazione, salari e flessibilità di altri paesi, viene fuori qualche altra variabile.

    Forse sto supercazzolando... megli tornare a scribacchiare codice.

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  31. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  32. La traslazione a sinistra della curva di Phillips in conseguenza della riduzione dell'indice di rigidità deriva da un fenomeno abbastanza intuitivo: a parità di tasso di disoccupazione, la velocità di crescita dei salari è tanto più bassa quanto più le condizoni al contorno (legislazione del lavoro, potere dei sindacati, etc,) sono sfavorevoli ai lavoratori.

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  33. ok, dai vostri commenti (Lorenzo in particolare) capisco che il punto è che l'ultimo grafico simula l'effetto della variabile Flex su tutto l'arco temporale.

    è corretto?

    vi ringrazio

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    1. Sì, ciò che dici mi pare corretto.
      Più che simularlo come dici, però, lo considera realmente, o meglio lo considera all'80%.
      In effetti, anch'io inizialmente sono rimasto sorpreso di fronte ad una curva di Phillips a 3 variabili, anziché a sole 2.
      Potenza dell'elaborazione del Prof. Bagnai :-)

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    2. si, dicevo "simula" perché applica una minore flessibilità del mercato del lavoro ad un periodo in cui tale flessibilità era molto più alta.

      infine, applicando la variabile Flex a tutto il periodo, la curva di Philips spiega, per tutto il periodo, l'80 la dinamica disoccupazione - inflazione (in termini di inflazione salariale).

      vi torna?

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  34. A questo link si riporta la curva contenuta in Macroeconomics di Blanchard relativa agli USA 1900-1960. I triangoli si riferiscono agli anni 1931-1939.
    Se può servire ...

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  35. Il bello è che in fondo è persino relativamente intuitiva la questione. Semplicemente per la Kelton due mezzi lavoratori sommati fanno 2 lavoratori.

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  36. Sono assolutamente d' accordo con lei. E il commento dell' ottimo Ivan II Mazzo è una sintesi perfetta, secondo me. Non solo per la Kelton, ma, temo anche per molti altri (keynesiani o meno) tipo , per esempio, Krugman.

    Detto questo, però.
    Non vedo perché la tesi che l' aumento della tassazione sia uno strumento per reprimere la domanda e QUINDI l' inflazione e l' occupazione non sia compatibile con le "sue" tesi.
    Specialmente se questo aumento della tassazione, o "politica fiscale restrittiva" che dir si voglia, viene fatta spostando il carico fiscale dai redditi più elevati a quelli più bassi che, "casualmente" sono quelli con la maggior propensione al consumo. Con "ideone" redistributitive (già, ma da chi a chi?) tipo aumentare le imposte indirette e non (se non diminuendo) le imposte dirette.

    Pensi che Scacciavillani sosteneva che l' aumento delle tasse provocasse maggiore inflazione. La realtà italiana credo ci dica esattamente il contrario perché sono (almeno) vent' anni che la pressione fiscale sale e l' inflazione scende, e, ebbene si! Secondo la mia (certamente irrilevante) opinione, c'è relazione tra i due fenomeni.

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  37. Professore a me non interessa se mi offende e dileggia anche pesantemente di fronte a tutti... (Mi dà noia ma la noia è diversa dal prendersela e poi semplicemente non lo trovo corretto poichè io la rispetto).
    Non si tratta di far un partito e/o distinguere l'economista dagli antipatici, perchè altrimenti non avrebbe un blog con il quale bypassare il mainstream spiegando come funziona l'euro e battendosi come un leone. Lei dirà "ma qua non è parlare a tutto il popoletto, qua vengono persone che hanno le basi o le stanno apprendendo e non i cretini invulnerabili, a parte Marco Giannini che è così cretino da metterci nome, cognome , onorabilità e faccia".
    Verissimo ma sotto sotto lei sa, appunto, che molti "stanno apprendendo" e questo le interessa e molto più di quello che vuole far credere.
    Lei questo paese vorrebbe salvarlo (leggasi il suo pezzo sull'Unità) ma sa che probabilmente perderebbe di fronte ai poteri in gioco.
    Non mi va di chiamarli "poteri forti", mi sa di Messora non so perchè, sicuramente è fuori luogo perchè da quando ha la cadrega ci sono i 7 punti anzichè 1 solo.(A proposito la smetta di bollarmi come il tipico astioso verso l'ex partito...io non avevo grossi problemi dentro semmai quando ho visto che se ne fregano del vero motivo del debito/pil ho salutato e se l'ho scritto qua era perchè vedendola in tivvì e leggendola la trovavo familiare, capita).
    Si tratta di avere le potenzialità di salvare il paese, intendo nel suo ambito ovvio, (lo dico perchè se le sembrassi anche quello facilone che crede all'uomo miracoloso poi si avvelena....e poi...ci mancherebbe..se lo sono facilone deve comunque essere lei il primo a dirlo)...Il punto è che se avesse più coraggio (apriti cielo cosa ho detto!) non solo avrebbe dalla sua il saper spiegare le cose in modo semplice e incisivo anche in tivvì, ma in più potrebbe contare sul fatto che se lei facesse un partito desterebbe così tanto interesse che molti (non so quanti ma credo davvero molti) forse inizierebbero a capire la faccenda euro troncandola nel culo a Renzi/Berlusconi/Casaleggio e compagnia cantante . Quindi non metto in dubbio che io sia il più cretino di tutti qua dentro (come amico invece si sbaglia non c'entra nulla ma per caso mi ha beccato nel periodo sbagliato per quanto riguarda sto tema) ma son sicuro che anzichè finire in mano a un nuovo sistema identico al precedente con lei il paese magari potrebbe vedere una economia diversa. Io penso che ai tipi come lei faccia in realtà paura la politica, penso che (cretineria mia permettendo) se c'è una cosa che fa incazzare i tipi come lei è chi vuole interpretarli.
    Adesso mi congedo, continuerò a leggerla perchè non credo ci sia nulla di male, il blog è pubblico e mi serve ma non interverrò più perchè c'è un limite a tutto.
    Buon lavoro.
    Marco Orso Giannini

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    1. Marco, volevi essere bannato e ti ho bannato. Qual è il problema? Se ti interessa la politica dovresti avere un po' di sensibilità e capire che sto già collaborando con chi ritengo sia in grado di aiutare, e che però decido io chi non lo è, e ti assicuro che lo decido a ragion veduta perché altrimenti tu non mi conosceresti. Sei una persona spiritosa, e io questo lo apprezzo più del resto, ma hai appena confessato il fallimento di un tuo percorso politico, derivante fondamentalmente dal non essermi stato a sentire, per cui, scusa tanto, sai, ma cosa devo dirti? Bravo? A uno che ha creduto a Casaleggio e viene a piangere qui due anni dopo che noi il discorso lo abbiamo aperto e chiuso? Altri lettori ti hanno chiesto se hai sbagliato blog, ci hai fatto caso? Anche questa è sensibilità politica. Non averla non significa essere stupidi. Significa solo che se chi mi dà certi consigli non ce l'ha, io quei consigli non li seguirò mai.

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    2. Mi rompe seriamente le scatole dover rispondere quando ho detto di non farlo ma PRECISAZIONE FINALE:
      CHI LE DICE CHE NON L'HO ASCOLTATA MI SCUSI?
      E' proprio ascoltandola ( io il suo video con Messora lo vidi appena uscì) che son sempre stato come all'ingresso dell'entrata con "loro". Io sono un diesel in tutte le cose e lo sono anche in politica (ANCHE) e non significa che allora non le ho creduto SUBITO. Magari le ho creduto per primo ma ho delle tappe mentali, una modalità da pignolo, ossessivo quale sono (e solo io so cosa significa ahimè) e devo rispettarle.
      Mi creda nessuna piangina ma ancor meno intenti "omicidi" verso di "loro". Semplicemente amo l'economia (ne so poco rispetto alla media dei lettori e molti suoi pezzi non li capisco fino in fondo... più però di quello che lei immagina) e siccome in tanti mesi non son mai intervenuto ma leggevo e riflettevo quando sono sbottato l'ho fatto in modo esplosivo. Energico altro che piangina.
      Se collabora è bene.
      Saranno cazzi di quelli che si troveranno lei di fronte.
      Ciao ciao aloha !

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  38. Se ci sono tanti disoccupati è perchè nessuno vuole comprare quello che produrrebbero, e quindi, siccome nessuno compra, i prezzi (che in un mercato aperto non si possono contrarre, mentre nei mercati oligo o monopolisti, si possono alzare e abbassare a piacimento) non salgono.
    Se ci sono pochi disoccupati è perchè tutti vogliono comprare quello che questi producono, e quindi, siccome i prezzi possono salire salgono.

    Phillips ha usato la statistica per dimostrare una ovvietà.


    Come è ovvio che le politiche deflazioniste sono fatte a tutto vantaggio dei mercati oligo o monopolisti, e se fai una statistica tra quante imprese monopoliste o oligopoliste sono fallite e quante imprese sono fallite nei mercati concorrenziali, scoprirai una strana correlazione.
    Mi dispiace dirlo, ma i salari e il tasso di disoccupazione, in un Paese in cui si lavora con srl, snc, sas, o partite iva, contano veramente poco. (quando parlo di mercati concorrenziali, parlo dei mercati con srl,snc,sas e partite iva)

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  39. Il punto rilevante della discussione sulla curva di Phillips non è se la Kelton non creda nella relazione tra disoccupazione ed inflazione, o creda di aver dimostrato che questo legame non esiste più. Il punto rilevante è se i governi ci credano o no !!! Si tratta di capire in altri termini se i governi ritengano la disoccupazione la variabile macroeconomica più importante per "domare" l'inflazione e se, soprattutto, essi ritengano di poter massimizzare gli effetti in termini di deflazione salariale indotta dalla disoccupazione, aumentando la flessibilità del mercato del lavoro in ingresso, mediante il lavoro a tempo determinato ed i contratti atipici ed in uscita, mediante la soppressione dei vincoli giuridici ai licenziamenti individuali.

    Che dite?? Con questi temi riusciamo a individuare il filo conduttore della politica italiana in tema di lavoro almeno negli ultimi 20 anni? Secondo me si!! Non dimentichiamoci le parole pronunciate da Romano Prodi nel 2001:"verrà una crisi e riusciremo a fare ciò che oggi è politicamente improponibile". La crisi è arrivata ed i nostri miopi politicanti non hanno perso la ghiotta occasione. "We're destroying the domestic demand through fiscal consolidation to gain a better position in terms of competitvness" diceva il caro Mario Monti alla CNN. Cos'è la "distruzione della domanda interna" se non l'aumento della disoccupazione che porta con se la deflazione e la riduzione dell'inflazione. Sappiamo che la variabile principale all'interno di una unione monetaria è il differenziale d'inflazione con i concorrenti!! Quindi la domanda interna si distrugge per ridurre il differenziale inflattivo con i vicini, quelli con cui, in teoria, si dovrebbe cooperare, mentre, nei fatti, si cerca di fotterli. Capiamoci bene.... non è che l'Italia non conosca questo gioco. La riforma Treu è stata varata nel 1997, appena dopo aver aderito nei fatti alla moneta unica, con la fissazione del cambio lira/ecu nel 1996. E' stata la prima riforma strutturale per svalutare il salario non potendosi più svalutare la moneta. I politici italiani erano ben consapevoli di ciò che andava fatto per restare nell'euro e lo sanno anche oggi. Per fortuna o per sfortuna, fate voi, i tedeschi sono molto meglio di noi in tema di macelleria sociale. E quindi l'euro non potrà mai funzionare.

    In sintesi... a me sembra che i governi, di sicuro quelli italiani, credano abbastanza nella curva di Phillips.

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    1. Scusami toti tot ma non sono d'accordo sul punto. Tu dici che "Si tratta di capire in altri termini se i governi ritengano la disoccupazione la variabile macroeconomica più importante per "domare" l'inflazione"

      A mio avviso il tema è che la disoccupazione è un indicatore di sofferenza, di degrado sociale e culturale, di disgregazione sociale..

      il minimo buon senso sancisce che va combattuta a livello politico perchè il politico dovrebbe fare il bene dei cittadini, il quale ovviamente passa dall'avere un lavoro, anche per il dato non banale che "il lavoro nobilita l'uomo".

      "Domare l'inflazione" mi pare che nella scala di priorità stia un filo più in basso.

      IMHO

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    2. Sottoscrivo tutto, complimenti :-)

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    3. Sottoscrivo tutto è riferito a ciò che scrive toti tot.

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    4. "Il lavoro nobilita l'uomo"? Frase che amano ripetere preti e nobili, che col (proprio) lavoro hanno sempre avuto un rapporto diciamo conflittuale.
      Le passioni nobilitano l'uomo. Se la tua passione ti da' anche da vivere, chapeau!

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    5. Questo l'avevate letto?

      http://goofynomics.blogspot.it/2012/04/lo-scopo-inconfessato-della-riforma-del.html

      Tuttavia sembra che ci siano almeno due problemi con questo approccio:

      - La dinamica dei salari viene compressa ma non in tutti i settori nello stesso modo. Ad esempio se un'impresa per lo più esporta i suoi prodotti perché dovrebbe ridurre i salari che paga? Invece nel settore pubblico la riduzione degli stipendi deve essere attuata con leggi.

      - La distruzione della domanda interna colpisce anche le imprese che esportano, perché quello delle imprese che esportano solamente è un insieme quasi vuoto, come ha mostrato tempo fa De Nardis (L’eredità della crisi). Così quando la competitività aumenta grazie al crollo dei salari che i lavoratori sono disposti ad accettare può accadere che non esistano più imprese in grado di assumerli.

      Il risultato è che il paese colpito da queste politiche si deindustrializza e la riduzione della disoccupazione è affidata o all'emigrazione o alla colonizzazione da parte delle imprese estere.

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    6. @ Rug

      Ma tu sei serio veramente??

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    7. @ toti
      Forse mi sono espresso male, un eccesso di semplificazione forse.

      Ciò che intendevo dire è che mi sembra scontato, vista la dinamica degli ultimi anni (che tu descrivevi molto bene con alcuni aneddoti cruciali) che nella Curva di Philips credono eccome (anche inconsciamente). Più che ridurre il salario ciò a cui tengono davvero è il potere e il potere ce l'hai per davvero se il popolo è disunito.
      Quando il popolo è unito, se s'incazza, succede la rivoluzione.

      Lo dimostrano smantellando la democrazia giorno per giorno, ciò che gli interessa è l'esercizio del potere, possibilmente in modo indisturbato.

      Cosa ne pensi?

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    8. @ a perferct world

      Hai ragione, in questa fase della storia il lavoro non c'è, dunque è molto difficile che possa coincidere con la passione e dunque, l'effetto di nobilitare l'uomo ne risulta realmente compromesso.

      Se pensi al lavoro del Prof Bagnai, a come il suo lavoro (anche nella sua componente non retribuita in denaro) lo ha nobilitato come uomo..
      Gli esempi si sprecano, di uomini conosciuti e sconosciuti, che con il loro lavoro (certamente appassionato) hanno cambiato il mondo, a partire dalle piccole cose.

      Ridurre la disoccupazione significa anche accrescere il valore potenziale che il lavoro può assumere per ognuno di noi. Significa creare le condizioni perchè il lavoro torni a nobilitare l'uomo più spesso, in relazione alla libertà nella scelta del proprio lavoro sulla base delle proprie passioni e attitudini.
      Significa dunque, lavorare per una società via via migliore.

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  40. Se non sto prendendo un abbaglio mi pare che il tipo di relazioni causali/fattuali che si suggeriscono nell'articolo portino alla conclusione che la deregolamentazione del mercato del lavoro abbia un effetto positivo sulla dinamica della disoccupazione: più flessibilità comporterebbe meno disoccupazione.
    Questo tipo di correlazione/causalità negativa tra flessibilità e disoccupazione viene spesso data per scontata dai "moderati" e "riformisti" che popolano i media, e viene invece avversata da chi si professa di sinistra. Ad esempio Brancaccio ha dedicato diversi suoi interventi per documentare la letteratura economica che smentirebbe questo punto di vista.
    Dunque mi domando: anche Brancaccio su questo sbaglia e analizza a due dimensioni un fenomeno che ne ha 3? Le presunte evidenze empiriche sul fallimento della flessibilità non tengono conto del fatto che c'è stata una riduzione dell'inflazione che avrebbe dovuto portare la disoccupazione ad aumentare? E dunque se la disoccupazione non è aumentata vuol dire che la flessibilità ha avuto un ruolo "positivo"?
    Non sto suggerendo paradossi o avallando questo o quel punto di vista, chiedo soltanto.

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    1. Cioè tu e er Melanzana pensate che i salari causino la disoccupazione? Fai una cosa, rovescia lo schermo e prova a rileggere (o rileggi quello che hai scritto).

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    2. Io sono un ingenuo incompetente che cerca solo di capire e ragionare, quindi non mi arrischio a pensare convintamente nulla di originale (sul melanzana non mi esprimo).

      Provo ad esplicitare meglio il mio percorso logico.

      Assumiamo che:
      1) ci sono 3 variabili correlate tra loro: disoccupazione, inflazione e protezione del lavoro
      2) se fissiamo la protezione del lavoro le altre due variabili si muovono lungo una curva (di Phillips) con pendenza negativa
      3) se riduciamo la protezione del lavoro questa curva si muove (e si deforma) avvicinandosi agli assi (cioè a inflazione 0 e disoccupazione 0)

      Se così stanno le cose può arrivare l'Ichino di turno e dire: visto che l'inflazione è quella che è e non si può aumentare (per motivi politici e perchè c'è la moneta unica) e dunque non possiamo muoverci lungo la curva di Phillips come si fa a ridurre la disoccupazione? Semplice: facciamo muovere la curva (a parità di inflazione), e per farlo - direbbe sempre Ichino - dobbiamo agire sulla terza variabile: l'indice di protezione.

      A questo punto interverrebbe Brancaccio mostrando la consueta letteratura che attesta che la disoccupazione non si è ridotta con la deregolamentazione. Ma in virtù dei punti 1,2,3 sopra noi potremmo replicare a Brancaccio: non funziona così, stai ignorando la variabile inflazione: a inflazione fissata in effetti le "riforme" funzionano contro la disoccupazione (avvicinano la curva di Phillips agli assi).

      Sbaglio qualcosa?

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    3. Ah, sei tu... Ma non era un po' che eri fuori? Certo che arriva l'Ichino di turno, so what? È già arrivato, De che cazzo stamo a parla'? Qui sto solo dicendo che chi nega l'esistenza della curva di Phillips lo fa perché desidera che l'inflazione sia inquadrata come fenomeno monetario. Invece è un fenomeno distributivo. Dopo di che, il fatto che l'Ichino di turno arrivi e sbriciolando i diritti dei lavoratori, sulla base del presupposto che l'inflazione è il male assoluto (condiviso da chi vuol far apparire la stessa come fenomeno monetario), riesca a far sì che lavoratori precari non si arrischino a chedere aumenti in che cosa nega il fatto che l'inflazione sia un fenomeno distributivo? Direi piuttosto che lo conferma, no? Perché, scusa, secondo Brancaccio cosa ha ridotto la disoccupazione in Italia nel periodo 1998-2007? Una vigorosa espansione di domanda che ha creato tanti posti di lavoro a tempo indeterminato? L'indefessa lotta di classe del sindacato (che è la dominant social force behind his authority), che strenuamente ha difeso i diritti dei lavoratori, come ha fatto per tanti anni, come si vede bene qui? E tu, scusa, perché vuoi ragionare "a inflazione fissata" in un momento nel quale siamo in deflazione e tutti vorrebbero inflazionare, con la possibile eccezione della Merkel e (ma qui spero di non aver capito) della Kelton?

      Non so come dirtelo. Una volta c'era uno spot che recitava: "Chi fuma avvelena anche te, digli di smettere". Non so se fumi, ma...

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    4. P.s.: quelli che esordiscono con "io sono solo un ingenuo" di solito si credono molto furbi, ma non lo sono perché lo confessano così platealmente! Ce ne abbiamo già avuti parecchi qui, e parecchi ne avremo. Sono utili, ancorché spesso evanescenti, compagni di strada...

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    5. Aspetta, te lo dico in un altro modo: chi pensa di difendere il potere d'acquisto dei lavoratori sopprimendo l'inflazione è un fascista. Se poi la sua camicia è nera, rossa o melanzana non fa differenza. Se usi i metodi del capitale, sei il capitale. Poi puoi anche dire composizione organica della supercazzola blina con interclassismo brematurato a sinistra come fosse austerità ottusa. Sempre fascista sei.

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    6. @Marco,

      Marco hai ragione.... l'obiettivo della bassa inflazione non è compatibilòe con un mercao del lavoro garantista dei diritti dei lavoratori. Ti assicuro che ce ne siamo accorti. E' dal 1985 che i nostri governi mettono mano al diritto del lavoro italiano per precarizzare il lavoro. Ricordo brevemente i passaggi fondametali di questo percorso:
      - 1985: decreto di S.Valentino con cui il governo Craxi tagli di 3 punti la scala mobile;

      1992: protocollo d'intesa promosso dal governo Ciampi con le principali rappresentaze sindacali italiane. Con questo accordo si blocca nei fatti la crescita dei salari reali in Italia attraverso il meccanismo dell'indicizzazione della parte economica dei contratti collettivi nazionali all'inflazione programmata. Si infila nell'accordo anche la contrattazione a livello aziendale sebbene in forma embrionale.

      -1997: riforma Treu con cui si introduce nell'ordinamento italiano, per la prima volta, la possibilità per le aziende di usufrire di rapporti di lavoro subordinati non stipulati direttamente tra azienda e lavoratore. I famosi interinali.

      -2001: introduzione nell'ordinamento italiano del lavoro a tempo determinato. Prima del 2001 gli unici contratti di lavoro tra aziende e lavoratori erano ESCLUSIVAMENTE a tempo indeterminato, con alcune eccezioni legate alla stagionalità di alcuni settori (vedi l'aeroportuale).

      2003-riforma BIAGI con cui si definiscono nuove forme di contratti a tempo e sopratutto si introduce la possibilità per le aziende di gestire in outsourcing interi rami aziendali, senza avere la titolarità dei rapporti di lavoro con i dipendenti del ramo d'azienda. Come sapete questo è il sistema più efficace adottato dalle aziende per liberarsi dei rompicoglioni, con buona pace dell'articolo 18.

      2011: accordo Sacconi con cui viene sancito il principio, assolutamente incostituzionale, per cui gli accordi derivanti dalle contrattazioni a livello secondario, cioè aziendale, possono derogare dai contratti nazionali.

      2012: riforma Fornero con cui viene data ulteriore spinta in termini di riduzioni di protezione per i lavoratori rispetto all'eventualità del licinziamento individuale. La norma più esplicita in questo senso è la possibilità per le aziende in crisi di licenziare 3 dipendenti per volta ogni 6 mesi. Che figata!!!!
      Meno male che in Italia esistono i giudici del lavoro che sono generalmente garantisti nei confronti dei lavoratori... altrimenti sarebbero veramente cazzi amari.


      Come dire???? Ci siamo accorti che per rimanere nell'Euro e per avere l'inflazione bassa, i nostri governi ci stanno massacrando con una restaurazione del potere padronale che ricorda le migliori pagine dei realisti francesi. Quindi sappiamo che un equilibrio di piena occupazione in condizioni di bassa inflazione è compatibile solo con un mercato del lavoro flessibil-schiavista. Del resto è chiaro che i capitalisti possono non distribuire i guadagni di produttività solo se prima mettono all'angolo i lavoratori, privandoli delle tutele legali e di un rappresentanza sindacale forte.

      Detto ciò,chiarito che siamo tutti allineati, io no ho capito se tu hai capito i termini del problema.

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    7. Gentile prof., che cosa devo fare per convincerla che sono genuinamente interessato a capire e quando articolo un ragionamento non ho nessun doppio fine o tesi preconfezionate da spingere?

      Non potendomi permettere uno studio sistematico della letteratura scientifica mi costruisco i mei modelli interpretativi collezionando qua e la le informazioni che mi sembrano più significative rispetto alle questioni politiche più importanti. Poi capita che mi accorgo che i modelli che ho in mente sono inadeguati e li riconsidero alla luce di nuovi input (non è il migliore degli approcci ma al momento è quello che mi posso permettere).
      La lettura di questo articolo potrebbe essere uno di quei momenti in cui devo riconsiderare i miei modelli, è per questo che provo a chiedere ulteriori delucidazioni.
      Fino ad ora avevo considerato come acquisita l'assenza di una correlazione positiva tra deregolamentazione del mercato e riduzione della disoccupazione. Brancaccio dice che (semplificando) il bilancio tra lavori che si creano grazie alla flessibilità e lavori che si distruggono non è detto che sia positivo e cita letteratura a sostegno del fatto che tale bilancio è in effetti nullo (si veda ad esempio questo intervento). Quindi nessuna correlazione tra disoccupazione e deregolamentazione.
      In questo post invece (mi pare) si suggerisce l'idea che la variabile "protezione del lavoro" non sia in effetti neutrale rispetto alla disoccupazione (come sembrerebbe suggerire Brancaccio citando altri) ma sia correlata positivamente "ceteris paribus" (per questo consideravo l'inflazione costante, non perchè io la volessi costante, è solo un esercizio teorico).
      Ora volevo solo capire se a grandi linee c'è effettivamente questa discrepanza tra la visione della realtà brancaccesca che ho citato (e linkato) e la visione della realtà che questo post evoca per quanto riguarda gli effetti della deregolamentazione. Oppure se non ci sto capendo niente e il mio modo di ragionare si basa su errori grossolani. Tutto qui.

      Per il resto non ho bisogno di essere convinto che la flessibilità, le riforme e le politiche restrittive siano una forma di redistribuzione verso l'alto: ci credo già!!

      La ringrazio comunque per il tempo che mi ha dedicato.

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    8. Essere meno cerimonioso ti aiuterebbe a sembrare meno insincero. Domanda: tu contesti il fatto che a minori tutele corrisponda minore retribuzione? Sì/no, poi andiamo avanti. Tic, tac, tic, tac...

      Se non hai capito che stiamo parlando di questo sei scusato: frequenti brutta gente, politicanti...

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    9. No, non contesto questo, e immagino che le minori protezioni possano essere anche un freno per consumi e investimenti (del lavoratore dipendente) anche a parità di reddito. Quindi immagino di poter dedurre che deregolamentare il mercato del lavoro possa avere l'effetto di ridurre l'inflazione (e quindi se stessimo su una curva di Phillips prefissata questo dovrebbe incrementare la disoccupazione, cosa che invece non succede).

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    10. Non succede (forse) nel breve periodo!
      Ma a medio-lungo termine questa contrazione dei salari porta inevitabilmente ad una contrazione della domanda aggregata con conseguente aumento della disoccuppazione.
      Questo è estremamente intuitivo, ma soprattutto è la cronaca italiana degli ultimi 15 anni!

      L' "ideona" dell' Ichino di turno , quello che si riempie sempre la bocca di "lungo periodo", da buon nazi-liberista, sarebbe quella di partire con un altra tornata di distruzione dei diritti dei salariati per "aumentare la competitività" (decripto: tagliare i salari). Solo che stavolta la mancanza di domanda è tale (e tagliare i salari NON aiuta) che gli effetti negativi sulla occupazione si vedranno già nel BREVE.

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    11. In biologia della pesca c'era una curva (non vorrei dire una minchiata forse era la Lotke Volterra) che dimostrava come uno stock se fortemente sfruttato poi non si riprendeva più.Cioè tu potevi andare da A a B (modificando l'intensità di pesca) e seguivi un certo percorso ma se poi andavi da B ad A il percorso non era più quello di prima ormai lo stock era rovinato e non più conveniente ecomicamente. (Il professore adesso capirà che c'era andato vicino a considerarmi un braccio tolto all'agricoltura...in realtà alla pesca).Quindi l'affermazione di Marco considera lo stock umano come un numero ma in realtà ci sono considerazioni biologiche da fare (basate sui dati rilevati in anni e anni di abbattimento delle tutele) tipo la sicurezza nel poter consumare che crolla se non hai un lavoro fisso.

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    12. Leggo qui http://www.emilianobrancaccio.it/presentazione/
      che "Emiliano Brancaccio (Napoli, 1971) è ricercatore confermato in Economia politica e docente di Fondamenti di Economia politica e di Economia del lavoro presso la Facoltà di Scienze economiche e aziendali dell’Università del Sannio, a Benevento."
      RICERCATORE ma non PROFESSORE.
      Ora, senza nulla togliere alle competenze di Brancaccio, mi fido di più del chiarissimo Prof. Bagnai. Così come mi fido di più dell'economista neozelandese Alban William Phillips (1914 – 1975), che ha inventato la curva omonima.
      Ed infine, i suddetti calcoli del Prof., riportati nella curva traslata, mi pare che lascino poco spazio alle interpretazioni. :-)

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  41. Ciao Marco,
    mi preme rassicurarti.... hai preso un abbaglio!!! Nell'articolo non esiste l'idea di cui tu parli mi azzardo ad affermare che, a parte te, nessuno di quelli che frequentano questo blog pensa seriamente che la flessibilità del mercato del lavoro possa influenzare in qualche modo la disoccupazione. Se fosse così in Italia il tasso di disoccupazione dovrebbe essere prossimo allo zero, avendo l'Italia il mercato più flessibile della UE. Purtroppo non è così perche la disoccupazione è creata dalla crisi di domanda della nostra economia, in massima parte a causa dei 200 Mld€/anno che la Germania ha sottratto alla sua domanda interna in conseguenza delle riforme Hartz, ed in parte minore a causa delle manovre di austerità dei nostri governi. La flessibilità del lavoro può molto poco rispetto a questa situazione.... gli imprenditori non assumono perchè il lavoro costa di meno. Assumono se hanno qualcosa da far fare ai nuovi arrivati.

    Ciò premesso, credo che l'articolo, come dici tu, volesse evidenziare un altro aspetto della relazione tra disoccupazione ed inflazione. Più o meno voleva ricordare che se ti tirano un cazzotto e hai l'armatura, non ti fai niente. Viceversa, se ti tirano un cazzotto e non hai l'armatura magari sei anche un po' debilitato, fai una brutta fine.

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  42. Prof, mi sembra che anche anche quei cattivoni della FED di New York siano d'accordo con lei. Se non ho capito male, arrivano alle sue stesse conclusioni, spiegando la differente reattività della disinflazione salariale spagnola rispetto a quella greca attraverso la flessibilità del mercato del lavoro. In altre parole poverissime, la Spagna ha sperimentato un minore calo dell'inflazione in relazione ai cambiamenti del tasso di disoccupazione perché, a differenza della Grecia, quando cominciò la crisi aveva un numero più elevato di lavoratori con contratti flessibili e a termine, che a loro volta mascheravano il tasso di disoccupazione reale inteso come unità di lavoro full time.

    Questo è l'articolo http://libertystreeteconomics.newyorkfed.org/2014/07/high-unemployment-and-disinflation-in-the-euro-area-periphery-countries.html#.U94yIWM4TL8

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